Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
David Webb Peoples scrive una sceneggiatura caratterizzata da un ritmo crescente in cui gli stessi personaggi mutano di atteggiamento al progredire dei fatti. Non esistono eroi o personaggi positivi, ma una serie di soggetti violenti che ricorrono alla forza per aver ragione sugli altri. È pur vero che vi è chi ha una sua etica e chi resta saldo a principi più o meno giusti. Il personaggio di Eastwood, pur essendo un bastardo che uccide a sangue freddo, è gentile, concede l'onore delle armi (fa abbeverare un ragazzo a cui ha sparato, perché in fondo l'ultimo desiderio lo si concede a tutti), rispetta i patti, pur avendo pochi amici onora l'amicizia, rifiuta una donna che gli si concede pur facendo un complimento che pochi altri le avrebbero fatto, perché è fedele alla moglie deceduta da tre anni (“Io vi stimo per questo” dice la prostituta che di uomini infedeli ne ha visti tanti).
Allo stesso modo lo sceriffo (Gene Hackman) che amministra la giustizia è coraggioso, interviene per far rispettare le leggi, vigila sull'osservanza dell'ordinanza che vieta la detenzione in paese delle armi, ma questo non fa di lui un uomo giusto ed equo. È un violento narcisista, oltremisura e spesso in modo gratuito, al punto da farsi assistere da uno scrittore, che seguiva in precedenza un dandy inglese alquanto bugiardo (Richard Harris), così da registrare su carta le proprie imprese. Ama sfidare gli altri per poi imporre la sua superiorità garantita dalla stella che porta sul petto. Nonostante questo è un uomo che vive alla stregua di un comune cittadino, si costruisce persino la casa col proprio sudore, e in cuor suo pensa anche di essere dalla parte della ragione. “Non merito di morire in questo modo” dirà a Eastwood, mentre questo lo tiene sotto tiro puntandogli la canna di un fucile sotto il naso.
A legare questi due personaggi è un fatto iniziale da cui si innesca tutto. All'intero del bordello di Big Whiskey, due uomini sfregiano una prostituta. Gli autori non sono dei personaggi crudeli. Si tratta di due gretti, uno dei quali deriso dopo essersi denudato. La cosa giunge all'orecchio dello sceriffo, solito amministrare la giustizia con pene corporali e pestaggi, a suo modo di vedere più risolutive dell'applicazione delle norme. Anziché arrestare i due manigoldi, pensa bene di disporre un risarcimento di cinque cavalli in favore della donna, senza infliggere altra condanna. La decisione non soddisfa le colleghe del bordello che rifiutano ogni risarcimento e cercano dei sicari promettendo mille dollari in cambio della morte dei due uomini. Non pensano che qualcuno accetti la loro offerta e quando la vedranno eseguita tenderanno a prenderne la distanza, quasi a non voler riconoscere la loro responsabilità sul duplice omicidio. Si, perché Gli Spietati è un film che mette in evidenzia una grande ipocrisia di fondo, quell'ipocrisia secondo la quale nessuno è davvero colpevole (Eastwood dirà invece che tutti quanti meritiamo di morire), da cui si salva il solo personaggio di Eastwood.
Soggetto semplice, ma grandissimo lavoro di caratterizzazioni. Clint Eastwood è un ex bandito che si è ritirato da oltre dieci anni, convertito alla vita da contadino dopo esser stato redento da una moglie che gli ha dato due figli e lo ha riportato sulla retta via. Rimasto vedovo, cade vittima delle tentazioni e accetta l'incarico di un borioso giovane (Jaimz Woolvett) che gli offre la possibilità di dividere l'ingaggio offerto dalle prostitute in cambio di un suo aiuto. Ai due si aggiunge un fuciliere di colore (Morgan Freeman) capace di cogliere l'occhio di un falco in volo.
La prima cosa da evidenziare è la natura fallimentare del trio, formato da elementi deboli che cercano di nascondere i loro limiti ai soci. Il personaggio di Eastwood ha perso l'istinto omicida, si è rabbonito perché riconvertito alla vita di allevatore e delira nel sonno pensando alla moglie. Lo vediamo lottare con i maiali in un porcile, quindi cercare di montare in sella a un cavallo che lo disarciona. Impreciso al tiro, incarna l'ideale di un pistolero decaduto, senza mordente, che accetta più per sentirsi vivo che per altro. Il personaggio di Freeman non ha più la forza di uccidere un uomo, fa tutto ciò che deve fare ma quando arriva a premere il grilletto trema, sbaglia colpi che una volta non avrebbe fallito e infine rinuncia. Non va meglio col terzo elemento: un giovane tronfio che ha difficoltà di vista e non ha mai ucciso un uomo, sebbene dica di averne uccisi già cinque. A mano a mano che la storia va avanti, è il personaggio di Eastwood, una vecchia leggenda del crimine degli anni che furono (quando era sempre ubriaco dalla mattina alla sera, come lui racconta), a dimostrarsi il più pericoloso del terzetto. Se il personaggio di Freeman cade vittima dei sensi di colpa e quello del giovane viene affetto da una crisi di coscienza dopo aver ucciso a bruciapelo il suo primo uomo, con tanto di pianto e bottiglia di whisky sgolata, Eastwood riacquista quello sguardo da iena che lo ha sempre contraddistinto. Si scatena in particolare dopo aver scoperto che l'amico di colore è stato ucciso in paese, pestato a morte dallo sceriffo per scoprire il nome dei complici. Così, mentre lo sceriffo predispone i piani al saloon per organizzare una spedizione per stanare i due uomini che hanno portato a termine la vendetta commissionata dalle prostitute, lui si presenta dentro il locale, armato di fucile e pistola, e compie una mattanza in un epilogo esaltato da una sparatoria memorabile. La metamorfosi di Eastwood è compiuta. L'uomo redento dall'amore lascia spazio al demone forgiato dall'odio. Gli occhi scintillano di una lucidità luciferina che porta all'immobilità dei tanti vigliacchi che pullulano in paese. “Voglio che facciate per Ned un bel funerale e non azzardatevi più a sfregiare prostitute, altrimenti torno e vi ammazzo tutti, figli di puttana!” ringhia prima di abbandonare Big Whiskey, in una tormenta di pioggia e vento, protetto dall'oscurità della notte. Lo scrittore (Saul Rubinek), che era al seguito dello sceriffo, lo guarda come si può guardare un mito dell'epopea western fuoriuscito dalle pagine di una cronistoria al punto da essere paragonato a Billy the Kid. Ha visto infatti concretizzarsi uno di quei personaggi su cui avrebbe sempre voluto realizzare un libro da testimone oculare. Bella l'inquadratura finale che lo vede caracollare sotto il temporale, tenendosi stretti gli occhiali e pensando già al libro che, lo immaginiamo, lo consegnerà alla storia del west. È un finale che rimanda a Lo Straniero Senza Nome, ma anche a Il Cavalliere Pallido. Eastwood si congeda dal genere muovendosi da brutale assassino, sfoggiando due occhi diabolici e un volto, reso ancor più cattivo da uno sfregio, che fa davvero paura. L'Eastwood leoniano, ironico e un po' smargiasso, ha lasciato il posto a un personaggio cinico e duro, che spara a uomini disarmati e uccide in modalità regolamento di conti, perché la cosa gli porta guadagno economico.
Impreziosito da una notevole fotografia, assai cupa, tra scrosci d'acqua e scene in notturna, è un vero e proprio capolavoro. Costato poco meno di 15 milioni di dollari ne incassa 159, piazzandosi in Italia in diciannovesima posizione.
Il film vince quattro Oscar - miglior film, miglior regia, migliore attore non protagonista (Hackman), miglior montaggio – due Golden Globe, un premio BATFA e svariati premi minori. Il grande western è tornato!
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