Regia di Luc Besson vedi scheda film
Visivamente potente, emotivamente intensa e coinvolgente, Nikita mostra che un’eroina può essere fragile, letale e indimenticabile, anche se non tutto funziona alla perfezione.
Nikita (1990): locandina
Con Nikita Luc Besson porta il cinema francese in una nuova dimensione, mescolando action hollywoodiano e stile europeo. Uscito nel 1990, il film cambia le regole del gioco: un’eroina fragile ma letale, interpretata da Anne Parillaud, destinata a restare nella storia. All’inizio divise critica e pubblico, ma col tempo è diventato un cult, generando remake, serie tv e aprendo la strada a un’intera tradizione di donne assassine sul grande schermo.
Nikita (Anne Parillaud) è una giovane tossicodipendente che durante una rapina uccide un poliziotto e viene condannata all’ergastolo. Lo Stato finge la sua morte e la trasforma in una killer professionista. Bob (Tchéky Karyo) la guida attraverso anni di addestramento duri e spietati, mentre Amande (Jeanne Moreau) le insegna a muoversi nel mondo come donna, donandole gesti e regole che contrastano con la violenza del suo mestiere. Con la nuova identità, Nikita affronta missioni letali, ma quando incontra Marco (Jean-Hugues Anglade), il conflitto tra vita imposta e desiderio di normalità diventa insanabile. Victor (Jean Reno), il “cleaner”, interviene nei momenti più tesi, incarnando freddezza ed efficacia. Nikita cerca di capire chi sia davvero, tra dovere e desiderio di libertà.
Besson dirige con uno sguardo che mescola adrenalina e poesia visiva. Ogni inquadratura è studiata: luci al neon, contrasti cromatici forti e spazi urbani stretti riflettono la prigionia psicologica di Nikita. Le sequenze d’azione sono rapide, intense e precise, mentre i momenti silenziosi permettono di respirare, senza mai spezzare ritmo e tensione.
La collaborazione con Thierry Arbogast alla fotografia e Éric Serra alla colonna sonora crea un mondo visivo e sonoro unico: Parigi diventa un personaggio a sé, con vicoli, corridoi e interni pieni di tensione. Besson alterna violenza e introspezione senza mai perdere controllo narrativo e costruisce uno stile visivo riconoscibile, che troverà ulteriori sviluppi in film successivi, rafforzando la tensione e l’intensità della storia.
Scritta da Luc Besson, la sceneggiatura gioca sul doppio: Nikita killer e Nikita donna che vorrebbe vivere una vita normale. Dialoghi essenziali, ritmo serrato e tensione costante fanno sentire il conflitto tra identità pubblica e privata. La violenza non è mai fine a sé stessa: serve a definire il mondo spietato in cui Nikita è immersa e a mostrare il prezzo della sua “nuova vita”.
Ogni allenamento, ogni missione e ogni incontro, in particolare con Marco, sottolineano quanto il suo equilibrio sia fragile. Anche i silenzi contano: Besson li usa per far percepire solitudine e alienazione senza spiegare troppo. La sceneggiatura costruisce così un’eroina femminile complessa e credibile, rendendo ogni momento del film funzionale al suo percorso tra violenza e umanità.
Anne Parillaud dà vita a Nikita con intensità e credibilità, un ruolo che le valse il César e il David di Donatello. Tchéky Karyo è Bob, il mentore ambiguo; Jean-Hugues Anglade interpreta Marco, simbolo di normalità; Jeanne Moreau aggiunge una dimensione materna e ironica. Jean Reno, pur in poche scene, lascia un’impressione indelebile come Victor, il “cleaner” freddo e spietato, destinato a diventare modello di killer elegante nel cinema europeo. Il cast rinforza il peso drammatico e la riuscita della caratterizzazione dei personaggi.
Nikita ispirò remake (Nome in codice: Nina, 1993) e due serie tv (Nikita, 1997; reboot 2010). Influenzò registi e storie con protagoniste femminili letali, da Kill Bill a Lucy, ridefinendo l’eroina d’azione come figura complessa, potente e vulnerabile. Accolta con entusiasmo in Europa e inizialmente scettica negli Stati Uniti, consolidò la reputazione internazionale di Besson.
Resta un punto di riferimento per il cinema europeo e l’action femminile. La protagonista vive il conflitto tra dovere e desiderio di libertà, tra forza e vulnerabilità, rendendo il film intenso ed elegante. Nonostante qualche difetto nella sceneggiatura o certe sequenze un po’ forzate, mantiene la sua potenza e memorabilità, confermando Nikita come modello di cinema d’autore e femminilità letale.
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