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Ora zero

Regia di Edgar Reitz vedi scheda film

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La recensione su Ora zero

di SamP21
8 stelle

Bisogna fare una premessa importante prima di scrivere del film di Reitz. Una premessa che attiene al metodo e alla metodologia. Se è vero che ogni recensione/scritto su un film, come poi in ogni altro ambito, è segnato da quello che abbiamo letto, visto, ammirato o incontrato nella vita ma soprattutto nel periodo in cui si scrive; allora il libro che ho in mano in questo momento “Autunno tedesco” di Stig Dagerman, è il libro da cui traggo ispirazione per parlare del film.

 

La trama in breve:

Luglio 1945. In un villaggio nei pressi di Lipsia, il giovane Joschi, fino a poco tempo prima membro della gioventù hitleriana, è alla ricerca del tesoro nascosto da un ex nazista nel cimitero del villaggio. Gli abitanti, nel frattempo, aspettano con timore l’arrivo dei russi. Tra loro c’è Isa, sfollata del sud che si unisce a Joschi per raggiungere le truppe americane. I due trovano il tesoro, ma quando incontrano una camionetta statunitense i soldati si prendono il bottino e fanno salire solo la ragazza.

 

Quarto film del regista che riprende da dove aveva finito “In viaggio a Vienna”. Qui è evidente ancora di più come il regista si stia avvicinando a passi spediti verso il suo capolavoro “Heimat” (1984-92-2003-2013).

 

Tornando ad “Autunno tedesco”, in quel romanzo/saggio Dagerman raccontava, nel 1947, una Germania dilaniata, ma lo faceva senza andare alla ricerca del perché una nazione fosse caduta per dodici anni sotto la follia nazista, che era la domanda che tutti si ponevano senza però reale interesse per gli individui. Mentre Dagerman si occupa del presente, dei treni affollati, dei discorsi delle persone, delle paure, della fame, della povertà assoluta e delle patate.

 

In viaggio a Vienna” finiva con la resa della Germania nazista; l’immagine finale era di un carro armato che non riesce a passare all’interno di un paese, paese posto nella regione che ha dato i natali a Reitz.

 

In “Ora zero” siamo poco dopo nella storia, vicino a Lipsia (che poi farà parte della DDR), gli americani se ne stanno andando, e i protagonisti sono alle prese con l’euforia mista a paura per l’arrivo dell’armata rossa che poi prenderà possesso di quel lato tedesco.

Reitz come sempre, fin dai primi cortometraggi, apre lo sguardo e anzi lascia che lo sguardo sugli avvenimenti arrivi da più giovani: il protagonista è un quindicenne, ma lo sguardo è anche di un bambino in bicicletta che percorre in bicicletta questo paesino vicino a Lipsia. E quindi c’è la scoperta, l’euforia per la fine della guerra: i momenti simboli, il pane americano, l’arrivo in paese di una giostra gestita da un uomo polacco, il primo amore e primi baci. Ma anche la paura per l’arrivo del piccolo regimento dell’armata russa e con esso i fucili e i momenti di agitazione. Reitz racconta un momento centrale, cardine della storia tedesca.

 

Il titolo del film parla di questo: l’ora zero è quel momento in cui tutto sta per riniziare e si ispira al capolavoro di Rossellini “Germania, anno zero”.

 

Reitz racconta il prima e il dopo attraverso i personaggi. Si pensi al capostazione che è sempre stato un simpatizzante di sinistra e che ha fatto una piccola resistenza a modo suo; e poi l’arrivo dell’amore che scoppia tra i due ragazzi, come passaggio positivo, come rigenerazione, a rappresentare la vita che è più forte della guerra. Ma tutti i personaggi sono interessanti e scandagliati; la vedova per esempio, non sappiamo se davvero mistifica la storia del marito morto, se fosse o no un nazista, e poi il tipico voltafaccia del paese che prima era nazista e ora sventola la bandiera rossa, dinamica questa molto nota anche da noi in Italia.

 

Reitz racconta la storia attraverso la poesia, il candore e a tratti il documentarismo, che già un po’ aveva abbondonato il suo cinema sperimentale iniziale, per una via diversa. Lo sguardo come si diceva è fanciullesco, ma il finale ci riporta ad una cruda realtà; non c’era buoni, né americani, né inglesi né russi. Sul dopo guerra ci sarebbe ancora tanto da dire e il regista lo dirà a modo suo con quella vicinanza di chi ha vissuto in prima persona quei momenti.

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