Da un regista della New Hollyood e soprattutto reduce da successi nel genere noir o di inchiesta difficilmente ci si aspetta un’incursione nel western che sul finire degli anni ’70 sembrava ormai agli sgoccioli, salvo gli opportuni distinguo. Con un interprete brillante come James Caan, che peraltro si era già cimentato in quel genere accanto a due “padri” del western, ossia John Wayne e Howard Hawks con El Dorado, Pakula propone un western in chiave moderna, ambientato negli anni ’40 del XX secolo dove però alcune regole e soprattutto alcune ingiustizie della frontiera non sono state sanate. Le mire espansionistiche del latifondista Jacob Ewing, che oltre al bestiame inizia ad interessarsi della fonte di reddito più moderna, ossia il petrolio, si scontrano con l’energica Ella Connors, che ha ereditato la fattoria paterna trovandosi sostanzialmente sola a dover combattere con le banche e le difficoltà di gestione del suo podere. Il fortuito incontro con il giovane ed energico Frank Athearn, scampato per miracolo ad un agguato sempre organizzato da Ewing in cui è stato assassinato il suo socio, lo porta a voler far fronte comune con Ella cercando di riaffermare la giustizia nel posto. Nulla di nuovo insomma: stavolta Il cavaliere della valle solitaria non si limita ad affascinare platonicamente la donna della fattoria ma inizia una relazione con lei e, come nel film del 1953, sconfigge i cattivi riportando l’ordine e la giustizia nel posto. Il sapore di “già visto” è innegabile e l’evoluzione della vicenda sembra abbastanza ovvia. Rimangono dei paesaggi splendidamente fotografati dal regista oltre a delle belle interpretazioni in particolare di Richard Farnsworth, anche candidato all’Oscar, e di Jason Robarts.
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