Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film
Il secondo film di Kubrick è un esempio di rara efficacia del colpo di scena finale, ove tutti gli obbiettivi prefissati per “il colpo” si disperdono su un background aeroportuale, sotto forma di banconote svolazzanti. Ciò assomiglia ad uno scherzo del destino, che si diffonderà poi in tutti i thriller appartenenti alla categoria “il colpo”, beffardi e irrisori agli occhi di rapinatori increduli. L’evoluzione fraudolenta di “Rapina a mano armata” porta a credere che dietro a quell’apparente sincerità organizzativa ci sia qualche losco furfante mascherato pronto a dissolvere tutti i progetti dei malviventi, trovatisi poi a rinnegare se stessi davanti alla morte. Più che la scoperta di un genere machiavellico quale il thriller giocato sull’ingenuità del suo stesso scheletro e sulla deviazione d’attenzione su storie personali, sfondanti la privacy degli incorruttibili boss, “Rapina a mano armata” è per Stanley Kubrick una sperimentazione riuscita di un genere a lui contrariato per la sua stessa infinita immaginazione. Tenere le redini di questo giochetto criminale è semplice abilità cinematografica.
Un gruppo di criminali si organizza per tentare un colpo all’ippodromo cittadino, dove sperano d’intascare l’intero guadagno delle vincite previste. Ma uno dei componenti spiffera alla moglie, che a sua volta dice tutto all’amante, che trarre a suo vantaggio la situazione.
Il thriller e la commedia moderna devono molto agli slanci narrativi di “Rapina a mano armata”, che segue insieme più fatti, avvicendamenti e persone, di per se incapaci di coesistere ma sempre in possibilità di interagire fra loro per una causa comune, ovviamente illusoria. Poco accreditato in confronto alle altre opere di Kubrick, il suo secondo film resta un piccolo gioiello iridescente, del quale Quentin Tarantino sarà debitore con il suo primo film, “Le Iene”.
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