Regia di Franklin J. Schaffner vedi scheda film
Caposaldo dei film di fantascienza apocalittica ma con solide basi antropologiche, "Il pianeta delle scimmie", pur con qualche ingenuità di troppo, è un film che ancora a distanza di anni affascina e riesce ad intrigare anche lo spettatore più smaliziato
Caposaldo di un filone a cavallo tra fantascienza e sociologia antropologica, con sequel più o meno riusciti, "Il pianeta delle scimmie" è stato il più lucido tentativo di portare sul grande schermo quelli che, sul finire degli annni '60, erano i timori in merito ad una possibile distruzione della terra a causa di guerre nucleari.La declinazione che ne fa Franklin Schaffner, indubbiamente affascinante ma non priva di un approccio fin troppo da kolossal (in grado così di non scontentare la produzione e favorirne l'apprezzamento del pubblico) riesce comunque a lasciare il segno, e la popolazione di scimmie umanizzate che considerano gli uomini alla stregua di bestie ha comunque la sua valenza, soprattutto nel sorprendente finale (fucina di più di un film post apocalittico). Forse oggi avrebbe trovato più resistenze non tanto nell'approccio antropologico alla vicenda quanto nel relegare a ruolo di muta ancella la donna (ovviamente bellissima) che accompagnerà il sopravvissuto della missione spaziale nella sua fuga. Straordinario, e giustamente premiato con l'Oscar, il trucco con la scelta di non usare maschere ma operando un certosino lavoro di maquillage facciale.
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