Regia di Peter Greenaway vedi scheda film
Per il bicentenario dalla morte di uno degli artisti più famosi (spesso superficialmente) di tutti i tempi, Wolfgang Amadeus Mozart, P. Greenaway (similmente a Death in the Seine) si mette da un punto di vista alternativo, di negazione del soggetto (come indica il titolo alternativo Not Mozart) e di evocazione, trasfigurazione, riproposizione su scala universale, con concetti e caratteristiche assolute che colgono appunto l'ampiezza del "caso Mozart". Siamo agli antipodi quindi da una biografia più tradizionale e romanzata - pur bellissima - alla Milos Forman (Amadeus) e paradossalmente si ricerca una comunicazione più immediata in entrambi i casi, con mezzi opposti. Qua Greenaway infatti, ricorrendo a simbologie, metafore, mitologie, crea una fusione delle arti in modo da restituire un mondo dalle caratteristiche assolute, vicine alla natura umana, cogliendo il genio nelle sue relazioni più terrene, carnali, esteriormente antispirituali ma anche con soffi di vita incorporea, la sua paradossale caducità e perpetua rinascita nella Storia, come il paradosso della musica stessa, che muore nel momento stesso in cui nasce e la sentiamo, esiste e non esiste, come una chimera si rinnova, è onnipotente e insieme impotente in quanto ha bisogno dell'uomo per vivere, per far sì che egli si faccia dominare.
Non c'è Mozart come serie di eventi biografici, ma ci sono allo stesso tempo la sua presenza e la sua arte per mezzo di un corpo ideale, un ballerino (Ben Craft) che danza nudo, come una classica statua di marmo, un corpo simbolico e carnale che è messo in scena nel teatro del mondo, in un anfiteatro-microcosmo dalla luce dorata in cui avviene la Creazione dell'essere umano con i suoi componenti fisici (un Uomo di farina, uno di tela, uno d'acqua ecc.). Questa però è solo la parte centrale del mediometraggio M is for Man, Music, Mozart: il punto d'arrivo alla lettera centrale dell'alfabeto, dopo un prologo scandito dalle lettere precedenti che elencano gli elementi e le relazioni (A sta per Adamo, B sta per bile, ma anche lampi, lussuria, fuoco, sangue, la sadiana Justine, bugie, argilla ecc.), cantate dalla voce "coreutica" di Astrid Seriese, truccata come in un rito iniziatico e vestita con costumi barocchi, il periodo dell'apertura delle forme e dei contrasti (per dirla alla Scott Ross). La compresenza di elementi storici convergenti nella microvita (per durata) di Mozart, ne mette in risalto i punti in comune al di là dei contrasti, sono le parti conviventi di un mondo che tenta di superare la confusione e il caos con l'organizzazione delle arti e delle scienze: il balletto, il mimo, quindi la musica, la letteratura, la pittura, la scultura, i costumi, il teatro, l'anatomia (Andrea Vesalio), fino al cinema che sintetizza nell'arco di nemmeno mezz'ora e rielabora con i suoi riquadri, i suoi grafici, le sue coordinate, in un gioco illusivo di tridimensionalità e di (ancora) vita concreta e universale su uno schermo piatto, simmetrico, frontale, perfino con l'ambivalenza tra l'unidirezionalità della struttura e la molteplicità delle cose. Arrivati infatti alla lettera M di Man (uomo), si va più a fondo perché gli dèi devono insegnare all'uomo il Movimento, poi naturalmente la corporeità del movimento è regolato dalla Musica, ma ancora essi sono elementi generici e separati che hanno bisogno della sintesi, nella fattispecie in un musicista che si chiama Mozart (M is for Man, Music, Mozart, il punto d'arrivo come il disfacimento ne Lo zoo di Venere, il numero cento in Giochi nell'acqua, la vendetta de Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante, il conglomerarsi e ancora il disfarsi dell'harem in Otto donne e 1/2, ecc. ecc.).
La musica del grande compositore olandese Louis Andriessen è il collante di questa specie di film-opera, dove la musica di W. A. Mozart è solo citata per pochi secondi e in cui, verso la fine, è messo in risalto l'elemento infantile, puro e in modo ironicamente grottesco, con la citazione del tema Ah! Vous dirai-je, maman da cui Mozart trasse le Dodici variazioni KV 265 per pianoforte (fortepiano), vale a dire l'elaborazione, la germinazione di un'opera d'arte a partire da un tema essenziale.
Andriessen dà il via al processo motorio ostinato, ritmico, sospeso, misterioso e a volte grottesco della sua musica così spiccatamente teatrale, proprio come quella di Mozart e del carattere del film, così incisiva, ieratica, ma anche cantilenante e appunto infantile (soprattutto all'inizio e alla fine), ma contemporaneamente elaboratissima e geometrica, aggressiva e seducente nell'accompagnare a fior di pelle i movimenti dei ballerini (Craft è sia l'Uomo in generale che Mozart come "specifico assoluto") i quali risaltano nella bellezza delle forme, tési al di là dell'effimero.
C'è, per un occhio moderno, qualcosa di straordinario nelle sue incisioni [di Andrea Vesalio]. Ci sono queste figure, fatte solo di muscoli e fibre, che apparentemente se ne vanno da sole in paesaggi rurali. Ma c'è anche, in esse, un senso dei limiti della corporalità. Le sue sono immagini molto forti della vulnerabilissima carne umana. (P. Greenaway)
10
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta