Regia di Renato Castellani vedi scheda film
Momenti di ironia su uno sfondo di patetica drammaticità caratterizzano l’interpretazione di Aldo Fabrizi, in questo film del 1946 di Renato Castellani, con un cast di attori prevalentemente non professionisti, come di regola nel neorealismo. Un film che se non segna una pietra miliare del neorealismo ne rispecchia però validamente i canoni.
Speranze, desiderio di riscatto, di lasciarsi alle spalle il passato ma confrontandosi nello stesso tempo con la realtà quotidiana e le frustrazioni per speranze disattese, caratterizzano il neorealismo del cinema del dopoguerra. I bambini nel neorealismo giocano spesso ruoli importanti, spesso costretti in un ambiente disagiato ad diventare precocemente adulti affrontando una dura realtà. In questo film, ambientato a cavallo tra il 1919 e la fine del fascismo, tuttavia, vengono disattese le speranze di un padre rimasto vedovo, bidello in un liceo romano, che crescendo il figlio aspira alla sua emancipazione favorendone gli studi e realizzando il suo sogno di vederlo professore. Il sogno del padre, sullo sfondo di un alternarsi di diverse situazioni politiche, non rifiutando neanche la raccomandazione di un ex professore divenuto Ministro della Pubblica Istruzione durante il fascismo, si realizza fino al trasferimento del figlio da Foggia nel suo stesso liceo di Roma. Il figlio, per altro, si troverà a misconoscere quanto ha fatto il padre e a mostrare disagio ed imbarazzo per il rango sociale inferiore di questi, bidello nella stessa scuola. Ormai anziano il padre preferirà, per amore del figlio, lasciare l’Istituto liceale dove aveva trascorso la sua lunga esistenza ed i suoi sogni tornando alla sua solitudine.
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