Regia di Lina Wertmüller vedi scheda film
Mimì, licenziato per le proprie convinzioni, si vede costretto a lasciare la moglie e partire per Torino in cerca di un nuovo lavoro. Qui intreccia una relazione extraconiugale con una giovane. La consorte, intanto, si intrattiene con un brigadiere.
Il primo film che vede protagonisti la coppia attoriale Melato-Giannini, diretti dall’occhio imperscrutabile di Lina Wertmüller, è la storia alquanto verosimile di un uomo Mimì, incapace di sottostare ai dettami della malavita che governa il lavoro e orchestra le regolo del posto in cui l’uomo è nato e vissuto, che decide di trasferirsi, andare a lavorare al nord. Lascia la moglie e si crea, o almeno prova a crearsi, una nuova vita. Un moderno Mattia Pascal che oscilla tra la becera appartenenza ad un passato tradizionalmente primitivo ed un futuro nebuloso che stenta a concretizzare.
La Wertmüller inscena un dramma che si trasforma in farsa, un rincorrersi tra traditori e traditi che alla fine diventa un affresco grottesco che disegna l’Italia di quegli anni e anche del tempo che quegli anni hanno preceduto. Un film a cui piace esagerare utilizzando la fallimentare parabola di un uomo che tenta di liberarsi dei massimi poteri ma che poi cede al delitto d’onore finendo per soccombere alle stesse leggi dalle quali ha provato a fuggire da sempre.
Una pellicola esageratamente grottesca, che estremizza fatti e personaggi ma che possiede un fascino senza tempo.
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