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Il grande capo

Regia di Lars von Trier vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il grande capo

di axe
6 stelle

Una società danese d'informatica è oggetto di una trattativa tra il suo proprietario, Ravn, ed un potenziale acquirente, un arrogante imprenditore islandese. Volendo quest'ultimo trattare esclusivamente con un "presidente", e mancando nell'organismo tale figura - Ravn ha mantenuto nascosto il suo ruolo - il proprietario ne "inventa" uno, ingaggiando un attore che lo interpreti, convinto di poterlo facilmente manipolare. Quanto l'attore, Kristoffer, vede in azienda, tuttavia, non va a favore dei piani di Ravn. Il regista danese Lars Von Trier dirige una commedia basata su - ma solo fino ad un certo momento - equivoci, nella quale racconta una battaglia dell'eterna guerra tra l'essere e l'apparire. Quasi nessuno, tra i personaggi della storia, è ciò che inizialmente sembra. Kristoffer non è un vero capo; è pertanto portato ad instaurare con i finti sottoposti un rapporto quasi sincero. Essi, non conoscendo la realtà, reagiscono nei modi più disparati, rivelando uno ad uno la loro vera natura al - in verità, poco carismatico - "datore di lavoro". Man mano che i legami empatici acquisiscono spessore, l'attore, già poco convinto, diventa sempre meno controllabile da Ravn, poichè non ne condivide ne' interessi ne' intenti. Lo stesso Ravn, infine, svela il suo piano, acquisendo di fronte ai suoi dipendenti, ormai in balìa degli eventi, una dimensione umana. Kristoffer è interpretato da Jens Albinus; Ravn da Peter Gantzler. Progressivamente, i ruoli tra i due si invertono. Kristoffer diventa, infatti, il motore degli eventi; pur con la sua confusione, la retorica, la tensione citazionista; pur con il suo essere "finto", è più reale di tutti gli altri, in primis il suo committente. Lars Von Trier intende porre in evidenza la condizione di straniamento di un impiegato-tipo, costretto dalle esigenze aziendali ad apparire ciò che non è; a reprimere l'individualità; a nascondere i suoi pensieri, le emozioni. Difficile che tali castelli di finzioni possano rimanere indenni da crepe. Le informazioni finiscono per circolare nella "microsocietà aziendale", tutti finiscono per appurare le cose private dei colleghi ma devono fingere di non sapere, per non alterare la formalità dei rapporti tra pari e con i superiori. Solo un finto "grande capo" può rompere l'equilibrio. La concisa e precisa analisi del regista può essere applicata ad altri contesti della nostra contemporaneità. Sono costanti i riferimenti al teatro, alla finzione. Non è, forse, recitazione, quello che fanno i personaggi del film ? Riguardo le scelte stilistiche, non posso dire di essere rimasto soddisfatto. Apprendo solo successivamente alla visione che il regista utilizza per la prima volta una tecnica chiamata "automavision", la quale prevede che la scena sia ripresa da una telecamera orientata da un computer; non è chiaro secondo quali indicazioni lavori la macchina, ma è certo - ed è previsto che sia così - che non fa un buon lavoro. Il montaggio è imperfetto; molte sono le inquadrature imprecise; sembra manchino fotogrammi tra una sequenze e l'altra o nella stessa sequenza. La mia domanda è, perchè ? Forse il regista non ha fiducia nelle sue scelte, essendo egli afflitto dagli stessi mali di quell'umanità tratteggiata nel film e preferisce pertanto affidarsi ad un computer ? Potrebbe essere una spiegazione plausibile; ma si può obbiettare che la macchina non lavora del tutto "causalmente", ma entro parametri imposti dai suoi controllori umani. Oppure, potrei scrivere "manierismo" ed ammettere la mia ignoranza in ambito di tecnica cinematografica. Sia come sia, le imperfezioni non sono state di mio gradimento, addirittura ho temuto un guasto del lettore DVD. La colonna sonora è assente, il doppiaggio non dei migliori, il ritmo decisamente blando. Queste scelte alzano di molto la "soglia d'accesso" al film. Ho trovato interessante il procedimento analitico del regista - il protagonista entra in contatto ora con questo, ora con quel soggetto, o con più di essi contemporaneamente, e, non avendo la mente precondizionata, è in grado di apprezzare con oggettività le differenze tra un personaggio "affrontato" in solitaria, e lo stesso inserito in un gruppo. Condivido altresì le conclusioni; la critica ad un intero sistema sociale, basato sulla finzione. Ma arrivare a fine visione non è stato facile.

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