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Ingenui perversi

Regia di Andrzej Wajda vedi scheda film

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La recensione su Ingenui perversi

di Baliverna
8 stelle

Titolo fuorviante, o ironico, per un interessante esemplare del giovane cinema polacco degli anni '60.

Un film che riunisce in sé tre tra i principali esponenti del cinema polacco non può che attirare l'attenzione: Andrzej Wajda alla regia, Jerzy Skolimowski alla sceneggiatura, e Roman Polanski come attore.

In generale, lo definirei uno studio di caratteri alle prese con i sentimenti. Per un caso fortuito, infatti, un dongiovanni conosce una ragazza e finiscono per passare la notte assieme, anche se scambiandosi un solo bacio. E chissà come, scocca anche la scintilla dell'amore.

Tuttavia, non sappiamo se la personalità dei due protagonisti permetterà a questo amore di crescere e rafforzarsi. Essi, infatti, non hanno il carattere adatto a questo scopo. Lui è un seduttore incallito, completamente non sincero, quello delle tattiche e delle mosse per raggiungere alla fine l'obiettivo. Lei è saputella e sbarazzina, una ragazza che non vuole palesare i propri sentimenti. Entrambi sono piuttosto orgogliosi, attenti a non mostrarsi deboli anche se lo sono, e men che meno innamorati. Vogliono essere da soli a condurre il gioco, e sostanzialmente ciascuno vuole dominare l'altro. Soprattutto lui finge disinteresse e senso di sufficienza, perché sa che questo attira le donne. Ciò è vero, ma è possibile costruire un rapporto solido su queste premesse? Sulla simulazione e sulla tattica? Sul desiderio di prevalere? Sulla vanità? Sarà almeno difficile. Il loro incontro è una specie di partita a tennis, dove ciascuno spera di segnare qualche punto con la furbizia.

Se lui è un dongiovanni incallito, lei lascia intuire uno stile di vita di ragazza facile: il ragazzo con il quale era uscita le viene strappato, ma lei non protesta e neppure si chiede dove sia finito; e quando lei decide di passare la notte con la sua nuova conoscenza, neppure avverte per telefono la zia del fatto che non sarebbe rientrata quella sera. Il tutto unito alla sua disinvoltura e dominio della situazione fanno pensare che di conoscenze fugaci ne faccia spesso.

In una particina si può riconoscere un giovane Roman Polanski (uno scavezzacollo suonatore di contrabbasso). Ancora prima di diventare regista, evidentemente all'epoca bazzicava il mondo del cinema, aspettando l'occasione e cercando la sua strada. In generale, gli attori sono bravi e danno un'interpretazione controllata, mai sopra le righe. Krystyna Stypulkowska (la ragazza) era piuttosto nota nell'Europa Orientale, e qualche anno dopo avrebbe avuto un ruolo importante in Spur der Steine (La traccia delle pietre – 1966), film fondamentale della Germania Est.

In generale, la pellicola offre un ritratto piuttosto pessimista della generazione post-bellica. L'ambiente dei nightclub, con dentro molti giovani un po' cinici in cerca di avventure “mordi e fuggi” più che di amore, non è molto edificante. Che avvenire può attendere la coppia di “strateghi” e simulatori in amore, o i membri di quella squinternata orchestrina jazz? Di certo un avvenire non radioso. A questo proposito, gli scorci squallidi di Varsavia, e i scialbi ambienti interni si adattano alla condizione dei personaggi e in qualche modo commentano l'azione.

Wajda dirige il tutto con mano ferma e padronanza della tecnica; i movimenti di macchina e la messa in scena sono quelle di un regista che sa il fatto suo. E la sceneggiatura di Skolimowski è di quelle precise, che hanno chiaro in mente quello che vogliono comunicare.

Il DVD del film offre una qualità d'immagine eccellente, il meglio che si possa chiedere ad un DVD, come anche del resto “L'uomo di marmo”, dello stesso Wajda.

 

 

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