Regia di Francesco Zanatta vedi scheda film
Un lavoro di montaggio, di materiali che sono di pubblico dominio ma stanno lì quiescenti su Internet in attesa che qualcuno li scopra – a proposito di realtà che supera l’incanto dell’immaginazione. Il film impila con scritte a schermo (il font è precisamente quello che immagineremmo da un documento redacted dell’intelligence statunitense) delle testimonianze dirette di UFO apparsi nel cielo degli Stati Uniti. Il progetto Blue Book ha raccolto, dal 1947 al 1969, tutte queste segnalazioni (più di 12 mila), che descrivono oggetti luminosi non identificati in movimento fra le stelle. Il regista però, avvezzo al lavoro su materiali pre-esistenti, non mostra troppo i cieli. O meglio, li inserisce, cautamente, fra filmini familiari di repertorio, home movies che riconosceremmo normalissimi, ma che appaiono comunque altri, o stare altrove. In un lavoro collagistico certosino – che fa tesoro delle teorie di Chion sul suono, capovolgendo l’idea di “super-campo” – Zanatta trasforma immagini quotidiane in un profluvio di perturbante; l’unica conseguenza possibile di tale incedere di forme e sfasature e fuoriuscite pellicolari è che la razza umana sia la cosa più aliena che noi umani abbiamo mai visto. Se è vero soprattutto, come dice una frase a schermo all’improvviso, che un dato oggetto è improbabile che sia di origini astronomiche. Tanti disegni e tanti schemi (quelli veri, che tentavano di calcolare il mistero) per riportarci sulla Terra, o su quella che definiamo Terra ma chissà cos’è.
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