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Come essere amata

Regia di Wojciech J. Has vedi scheda film

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La recensione su Come essere amata

di Baliverna
8 stelle

Una donna polacca sta viaggiando in aereo verso Parigi, dove vive sua figlia. Durante il volo ripercorre con il ricordo l'ultima ventina d'anni della sua vita, tra amori sbagliati e sofferenze assortite.

È il secondo film del regista polacco Wojciech Has che vedo. L'argomento è diverso, ma il tono generale dell'opera non cambia molto: una visione molto pessimista dell'esistenza, personaggi per lo più negativi e la protagonista vittima, il ricorso all'alcol per lenire la sofferenza, il microcosmo opprimente della Polonia degli anni '50. Rispetto a “Il cappio”, c'è un filino di speranza che lì non c'era, perché qui possiamo almeno ipotizzare che la protagonista, che sta volando verso Parigi da sua figlia, ivi troverà una vita un po' migliore.

La pellicola, nel suo complesso, offre uno spaccato di storia polacca: dall'occupazione delle armate tedesche che misero la popolazione a ferro e fuoco, alla successiva instaurazione del regime sovietico, che di fatto misero il paese in amministrazione controllata. In questo passaggio di poteri, gli oppositori dell'uno e dell'altro ebbero destini diversi e contraddittori.

L'uomo per il cui amore si consuma la protagonista è un membro della resistenza al tempo dei tedeschi. La sua opposizione, tuttavia, assume un colore piuttosto personale ed istintivo, dove il nocciolo del discorso è in realtà sfumato e in sottofondo. Egli è, sostanzialmente, un libertino, uno sbruffone, un “io faccio quello che voglio”, e poco più. La sua azione concreta, che è istintiva e maldestra, produce più grane per se stesso e gli altri che reali vantaggi di libertà. Lo sbattere, cioè, il vassoio al tavolino dei tedeschi al bar ottiene solo la rappresaglia, e qualcuno che uccide un tedesco perché sa che può scaricare la responsabilità su di lui. Ella poi lo accoglie in casa, lo nasconde, lo protegge, si strugge per il suo amore; ma lui è cinico, sfuggente, ingrato, sprezzante, ed evasivo nel parlare. Noi sappiamo, inoltre, che certi amori tossici non vengono mai troncati per buon senso, né dalla vittima, né dal carnefice.

L'uomo della dannazione è interpretato da un famoso attore polacco, Zbigniew Cybulski (nell'immagine della scheda), una specie di James Dean d'oltre cortina, che ebbe vita tumultuosa e breve. Fu anche il protagonista di “Cenere e diamanti” di Andrzej Wajda. La donna, Ewa Krzyewcka, con i suoi occhi disillusi e malinconici, era l'attrice preferita del regista.

In generale, è una pellicola velata di tristezza, ma anche dotata di scene forti e raccapriccianti, come quelle dei due militari polacchi collaborazionisti, che violentano la donna durante una perquisizione al suo condominio. I grandi registi come Has capiscono che più che l'enfasi cinematografica in sé, sono più utili a rappresentare l'orrore del male la naturalezza, e la banalità con cui alle volte viene compiuto. I due militari che violentano la donna, infatti, lo fanno con un qualunquismo e una leggerezza che fanno più schifo di un atteggiamento, ad es., rabbioso e grifagno.

Per il resto, Has dirige con mano ferma, in modo tranquillo e preciso, senza fretta, ma pure senza momenti stagnanti e scene sfilacciate. In ogni scena si nota la cura e la precisione. Ho ravvisato anche una tecnica che apprezzo: spostare la macchina da presa, cioè, tra personaggi diversi nello stesso ambiente, facendo proseguire la scena senza tagli, ma facendo recitare da attori differenti.

Che dire, forse è un film troppo triste e malinconico perché io lo ami, ma non posso fare a meno di riconoscerne i meriti artistici. Wajda, ad esempio, si adatta meglio alla mia sensibilità e al mio gusto personale.

 

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