Trama
Iva lavora in una fabbrica tessile nella campagna bulgara, mentre affronta una malattia persistente e misteriosa. Quando si scopre che è il primo caso di Covid nel suo villaggio, la notizia innesca un effetto domino di sospetti e accuse: prima i proprietari della fabbrica cercano di addossarle la colpa, poi i colleghi, il figlio e infine l’intera comunità la isolano, fino a farne una paria sociale. Con l’avanzare delle prime vittime del virus, la demonizzazione pubblica cresce, trasformando la vita di Iva in un incubo collettivo.
Stephan Komandarev costruisce un dramma sociale, che illumina i lati più oscuri della pandemia e rivela la crudeltà del capitalismo europeo: un ritratto feroce e attuale degli sfruttati, tutto rigorosamente “made in EU”.
«L’abbigliamento prodotto in Bulgaria è Made in Europe, ma le condizioni di lavoro non sono migliori di quelle dell’Estremo Oriente. Molti marchi globali – Benetton, Esprit, Armani, Dolce & Gabbana, H&M – producono qui, in fabbriche dove i salari sono bassissimi e gli operai lavorano fino allo sfinimento», annota il regista.
«Durante la pandemia di coronavirus, proprio queste fabbriche sono state tra i primi focolai del contagio, in un contesto di sicurezza inesistente e di priorità data al profitto rispetto alle vite umane. Ho voluto raccontare una storia ispirata a fatti reali per mostrare come lo sfruttamento non sia confinato al “terzo mondo”, ma avvenga dentro l’Unione Europea, in regioni marginalizzate e povere come le province bulgare. Il cinema può essere il primo passo per un cambiamento necessario: un onesto ritratto della realtà, capace di scuotere coscienze e di trasformare l’indignazione in azione».
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