Trama
Shafi, quattro anni, e sua sorella Somira, nove, decidono di lasciare un campo profughi Rohingya in Bangladesh e di intraprendere un viaggio disperato e pericoloso verso la Malesia, nella speranza di ricongiungersi con la loro famiglia. Attraverso i loro occhi, Lost Land racconta la condizione di un popolo perseguitato e senza patria, costretto a vivere ai margini, tra la precarietà e la ricerca ostinata di una casa.
«Da dodici anni lavoro nel Sud-est asiatico, soprattutto in Birmania, e ho ascoltato troppe volte testimonianze sulle persecuzioni dei Rohingya, talmente dure da sembrare incredibili nel mondo di oggi», ha spiegato Fujimoto. «Per anni sono rimasto in silenzio, temendo ripercussioni professionali: quel silenzio è diventato un peso che mi ha spinto verso questo film. Ho voluto raccontare il viaggio dei Rohingya, disseminato di ostacoli naturali, traffici transfrontalieri e continue prove di resilienza, per restituire realtà e dignità a persone che vivono senza nazionalità né cittadinanza».
«Oltre duecento Rohingya hanno partecipato al film, inclusi i due bambini protagonisti, fratello e sorella, che hanno donato al racconto una forza autentica attraverso la loro esperienza vissuta. Lontano dalle convenzioni del cinema giapponese, Lost Land è nato da una collaborazione transnazionale che unisce il Giappone, la Malesia e alcuni paesi europei, e mescola la durezza del reale con un tocco di fantasia infantile. Se il cinema è un’arte capace di farsi metafora del vivere insieme, questo film vuole rendere i Rohingya meno distanti, più vicini a noi: come vicini, come amici».
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