Regia di Kaouther Ben Hania vedi scheda film
È il 29 gennaio 2024 quando al centro operativo della Mezzaluna Rossa arriva la chiamata di Hind, una bambina piccolissima, rimasta intrappolata in un'automobile con accanto i corpi dei cuginetti e degli zii crivellati di colpi da arma da fuoco. Gli operatori tentano di rassicurarla per ore, mentre si negozia per ottenere il lasciapassare di un'ambulanza. Il resto, per chi non conoscesse già questa storia ricostruita a partire dagli audio originali, è una cronaca tristemente nota.
La regista tunisina Kaouther Ben Hania firma un instant movie che è al tempo stesso testimonianza e sineddoche dell'orrore a cui il genocidio di Israele ci ha "abituati" da quasi due anni. È proprio in questo carattere di cronaca che si collocano i limiti e i pregi del film: la prevedibilità di un esito già conosciuto e, d'altra parte, la capacità di riprodurre con impressionante fedeltà quelle ore, grazie anche alla prova di quattro attori straordinari. La mescolanza di finzione e realtà - con immagini autentiche degli operatori e delle vittime - produce uno scivolamento continuo tra i registri, che culmina in un finale insieme glaciale e devastante. Non a caso il film, prodotto anche - tra gli altri - da Brad Pitt, Joaquin Phoenix, Rooney Mara, Jonathan Glazer e Alfonso Cuarón, ha ottenuto il Gran Premio della Giuria a Venezia, tra ovazioni interminabili e polemiche da retrobottega festivaliero. Si esce dalla sala stremati, con addosso la claustrofobia della centrale operativa, la rabbia per l'ennesima tragedia annunciata e la memoria di una voce infantile che, a cinque anni, non avrebbe mai dovuto diventare materia di cinema. E con la voglia - confesso - di menare le mani al primo sostenitore di Netanyahu che passa e di spedire Mariarosa Mancuso, l'ignobile e indifendibile scribacchina del Foglio, autrice di una "recensione" che chiede vendetta, là dove non batte mai il sole.
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