Regia di Mark Jenkin vedi scheda film
Rose of Nevada (2025): George MacKay, Callum Turner
VENEZIA 82 - ORIZZONTI
A volte è preferibile esserci consci di una pur tragica fine, piuttosto che sopravvivere con l'angoscia su una sorte che non è possibile chiarire, e vivere di ricordi o glebili speranze ingannevoli e beffarde.
Un peschereccio con a bordo una intera squadra di giovani esperti pescatori, conosciuta come Rose of Nevada, scompare misteriosamente nel mare che circonda le coste di un villaggio marinaro della frastagliata Cornovaglia. Tutto accadde ormai trent'anni prima, e nessuna traccia venne mai rinvenuta né dell'imbarcazione, né del suo equipaggio.
Poi un giorno, presso il vecchio porto del medesimo villaggio, la barca riemerge misteriosamente, arrugginita, mal in arnese, ma pressoché intatta.
Due giovani, il riservato Nick (George McKay) e il più estroverso Liam (Callum Turner) si uniscono all'equipaggio che ha deciso di rimettere in sesto la barca, e riprendere l'attività di pesca, cercando ognuno di loro di trovar fortuna, o sfuggire ad un passato doloroso e infelice.
Dopo un viaggio che sembra di buon auspicio, i due giovani, rientrando in porto, vivono una strana sensazione simile a quella di esser tornati indietro nel tempo: proprio agli inizi degli anni '90, ai tempi della prima sparizione della Rose.
Addirittura Nick viene scambiato per un ragazzo del villaggio scomparso e la sua identità si confonde con il passato della famiglia locale.
Il nuovo film dell' intrigante regista britannico Mark Jenkins
, alla sua terza opera dopo Bait (2019) e l'inquietante Enys Men (2022), induce ad una intensa riflessione sulla memoria collettiva e sui condizionamenti di un passato infestato dai fantasmi, che si mescola ad un incerto presente e alla ingannevole percezione che fatti del passato si intersecano su ciò che accade nel presente.
Jenkin è abilissimo nel rendere inquietanti luoghi e località suggestive, di cui riesce ad evidenziarne particolari a prima vista difficilmente percettibile in un contesto panoramico che comunica opposte sensazioni di allarme.
Il regista utilizza una fotografia scientemente granulosa, unita a riprese tremolanti, girate in 16mm, attraverso una cinepresa Bolex a manovella, che rende vintage un film che parla di un ritorno al passato, e di fantasmi che si appropriano di vite contemporanee per dare un senso ad una fine che non ha trovato modo di potersi compiere. Enigmatico, scientemente irrisolto, Rose of Nevada va visto e vissuto senza pretendere spiegazioni né certezze matematiche, ma cogliendo qua e là abbozzi di emozioni e scampoli di mistero che è lecito possano rimanere senza risposta.
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