Trama
1993. Dopo un incidente d’auto che gli ha causato un’amnesia, Ahmed torna al suo villaggio natale, dove nulla sembra appartenergli: né la moglie, né i figli, né i luoghi. Il più piccolo lo teme, spaventato dal volto bendato del padre, mentre ogni notte strani visitatori sussurrano litanie in una lingua sconosciuta. Decenni più tardi, un Raqi anziano combatte l’Alzheimer, seguito dal suo discepolo che teme la perdita del maestro, soprattutto quando scopre che alla sua mano manca il dito indice. Due linee temporali si specchiano, unite dal timore che un male atavico torni a manifestarsi.
Con Roqia, Yanis Koussim esplora le zone d’ombra della memoria e del trauma, mettendo in scena un esorcismo che intreccia fede e violenza, spiritualità e terrore, nella frattura di un Islam diviso tra devozione rituale e derive fondamentaliste. L’horror diventa qui linguaggio politico e rituale catartico, capace di interrogare identità spezzate e paure collettive, in un confronto generazionale che non smette mai di riemergere.
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