Regia di François Ozon vedi scheda film
82ma MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2025) – IN CONCORSO
François Ozon porta sullo schermo, dopo Visconti nel 1967, il celeberrimo romanzo di Albert Camus ambientato nell'Algeria coloniale francese degli anni Trenta.
Ad Algeri l'impiegato francese Meursault (un ottimo Benjamin Voisin) partecipa senza versare una lacrima al funerale della madre ricoverata in ospizio, inizia una relazione con la bella compatriota Marie (Rebecca Marder), osserva un anziano maltrattare il suo vecchio cane, e si fa coinvolgere negli intrallazzi del losco vicino di pianerottolo, fino a commettere, non si capisce quanto per legittima difesa, l’omicidio di un ragazzo arabo.
Girato in un bianco e nero nitido e forse troppo patinato (nella scena al mare con Marie sembra la pubblicità di un profumo), il dramma di Ozon in tutta la sua prima parte resta rarefatto e taciturno come il suo protagonista di poche parole. Se l’impressione iniziale è di distacco e freddezza, il film prende maggior verve nelle sequenze del processo, dove la pubblica accusa sorprendentemente rileva indizi di colpevolezza più nell'apparente indifferenza emotiva del'imputato alla perdita della madre che nelle dinamiche del delitto stesso e questa sua insopportabile imperturbabilità lo condanna alla ghigliottina. L’algido Meursault, che afferma che più che rimorso prova noia, perde finalmente l’autocontrollo in un acceso scontro con il prete (Swann Arlaud) che vorrebbe portare al condannato a morte gli ultimi conforti spirituali, ma cozza contro il suo irriducibile atesimo nichilista.
La riduzione di Ozon si risolve in una versione certamente elegante e raffinata, tecnicamente impeccabile e stilisticamente pregevole, ma che, forse per timore di mancare di rispetto al capolavoro di Camus, non osa andare oltre la calligrafia risultando così in definitiva meno emozionante di quello che avrebbe potuto.
Voto: 6,25 su 10.
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