Regia di Andrew Jarecki vedi scheda film
Nella ricca cittadina di Great Neck, appartato sobborgo newyorchese contraddistinto dalle numerose villette a schiera, l’apparente felicità e normalità di una famiglia media del tipo padre-madre-tre figli, viene interrotta bruscamente proprio dall’arresto del padre, Arnold Friedman e del figlio minore Jesse. I capi d’imputazione sono subito il commercio nero di riviste pedo-pornografiche e poi addirittura l’accusa di molestie sessuali su minori durante corsi d’informatica e pianoforte, che il signor Friedman teneva settimanalmente con l’appoggio del figlio Jesse. Tutto ciò accadeva realmente nel 1987, dopo la simile esperienza penale giudiziaria del processo McMartin, l’intera famiglia Friedman si andava inesorabilmente a degradare dopo l’incarcerazione dell’ex “professore dell’anno” Arnold Friedman, al quale venivano assegnati tanti anni di prigione quanti bastino per non farlo più uscire da lì vivo, e tanti al figlio diciannovenne Jesse quanti bastino per fargli pagare il balletto coi fratelli fuori dall’aula giudiziaria, dove inscenerà poi durante il processo, l’ammissione di colpevolezza e la dichiarazione di violenze sessuali subite anch’esso da bambino, da parte del padre chiamato “orco”.
La verità?
Opera prima del promettente Andrei Jarecki, “Capturing the Friedmans” (intitolato in italiano col vago “Una storia americana”), è un documentario agghiacciante instillato su di una vicenda agghiacciante, che ci mostra i filmini super 8 girati con apologia del sentimento, negli anni annebbiati dalla famiglia americana annebbiata. Qui ciò che sembra non è, e ciò che è non sembra, la verità scivola per far spazio all’ipnosi, al non ricordo cancellato o non cancellato, rimosso solamente dalla prova insufficiente. La “Way for life” americana si è dimostrata malsana, è malsana, tra i genitori si fa a gara a quantificare il numero di volte nelle quali i propri figli sono rimasti sodomizzati. La pellicola usurata, i ricordi di un primo amore sbocciato sulle rive di un mare da incubo, i figli dei figli calpestati dal dovere di ricordare, la famiglia Friedman nasconde ciò che non si potrà mai sapere, ciò che l’apparenza ha ingannato, l’amore congenito verso “orchi” prima sconosciuti, forse è proprio l’amore a bestializzarli, l’amore per una carne nuova, per una malattia ignorante. Qui s’identifica l’intera borghesia americana, che con i sorrisi o le “riviste” nascoste dietro un pianoforte, rimarca l’esistere nel totale (non) benestare. Jarecki al contrario di Moore riflette imparziale con toni spenti, la formula contiene gran bel cinema e non è meno efficace dei super puzzle vivacissimi e sfaccettati del secondo.
Candidato all’Oscar 2004 come miglior documentario.
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