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Nuit Obscure : Ain't I a Child?

Regia di Sylvain George vedi scheda film

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La recensione su Nuit Obscure : Ain't I a Child?

di EightAndHalf
7 stelle

Filmmaker Festival Milano 2025. Il Premio della Giuria è consegnato a Sylvain George per il terzo capitolo della sua straordinaria saga di Nuit Obscure, documentari di guerriglia in bianco e nero sulle vite ai limiti degli immigrati clandestini in Francia, soprattutto a Parigi. Il terzo capitolo, Ain't I A Child?, si ambienta quasi completamente sotto la Torre Eiffel di Parigi, richiamando alla costante presenza di una realtà che non si vuole mai davvero vedere, e che pure in Europa si consuma di fronte ai nostri occhi. La camera di George non si limita a mettere in prospettiva le nostre percezioni dal punto di vista della coscienza sociale: le sue notti oscure sono anche una riscrittura fisica di quegli spazi e di come li percepiamo. Caratterizzato sempre da un montaggio che va al ritmo del respiro, dell'oscillazione lenta, il cinema di Sylvain George è un dipinto da "guardare da lontano": la sua guerriglia cela una struttura di montaggio sopraffina, che riesce a tenere insieme materiale tanto apparentemente promiscuo e disordinato. Rispetto al primo film, e più in continuità col secondo, quel legame strutturale è dato soprattutto dal riconoscimento di alcuni volti ritornanti, da alcuni personaggi che impariamo a conoscere e di cui talvolta scorgiamo paure e desideri. Lontani dagli uomini primitivi del primo capitolo, e più vicini al giovane protagonista quasi assoluto del secondo capitolo, i personaggi di Ain't I A Child? si sparpagliano e poi si re-incontrano, e misurando questi spostamenti Sylvain George fa echeggiare le loro voci nelle sue location deformate, angoli di strada invisibili, lasciati a questi apolidi dispersi, disegnatori di una mappa che si sovrappone a quella urbanistica dei boulevard e che forse è la mappa "vera", quella con cui è necessario confrontarsi per provare a capire, a empatizzare, e a smettere di giudicare. Smontando ben più d'una delle (nostre) certezze occidentali.

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