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Le città di pianura

Regia di Francesco Sossai vedi scheda film

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La recensione su Le città di pianura

di lamettrie
8 stelle

Un road movie, di formazione, italiano, autentico. Commuovente, a suo modo. Simpatico e psicologicamente istruttivo.

Ben recitato e diretto, vanta poi un bel ritmo. Poco più di un’ora e mezza in cui non annoia mai. Si ride spesso. Si sorride spesso.

Questi ubriaconi veneti non piaceranno troppo al pubblico femminile: ma sono genuini. A loro modo, soprattutto, amano la vita. In un Italia del nord che sempre più americanizzata, e sempre più globalizzata - quindi è sempre più falsa, inautentica, umanamente più povera – ciò rappresenta una lodevole eccezione.  

Il Veneto è qui sociologicamente ritratto in modo splendido; non con enfasi, ma per quello che è: semplicità che richiama felicità, pur in mezzo a uno splendore, naturale e artistico, di cui spesso non c’è sufficiente consapevolezza (spesso nemmeno da parte dei medesimi veneti).

Meravigliosa è la descrizione della crescita: un giovane sin troppo serio stigmatizza rettamente l’infantilismo dei suoi ben più attempati compagni; eppure ha bisogno (decisiva la scena nascosta della prostituta), di essere reso giovane da loro, in una versione similare de “Il sorpasso”. Costoro sono dei peter pan senza né arte né parte: eppure ci tengono, sinceramente e senza secondi fini, a coinvolgere il giovane (dell’età dei loro figli, se ne avessero) a scoprire la vita, al di là delle sue protezioni intellettualistiche.

Lodevole è l’immersione “nicciana” che nella vita i due ubriaconi attuano, sistematicamente e consapevolmente. Attaccati al presente, sono dunque artisti della piacevolezza del vivere, per quanto (proprio perché per loro non conta né il passato, né il futuro) non siano certo immuni da critiche.

Commuovente è l’affetto che essi hanno per il semisconosciuto giovane. Il quale trova ragioni migliori per vivere, rispetto a quante ne aveva prima, anche grazie al loro invadente (e quindi fastidioso) incoraggiamento: caldo, amicale, buono.

Non esiste freddezza, non esiste falsità, in questo tessuto sociale che al nord rimane ancora decente, umanamente, quasi solo nel Triveneto, e in Emilia – al netto delle approssimazioni.

Senza sconti, però: questi possono vivere di rendita perché sono, oltre che dei grandi lavoratori, dei ladri (altra contraddizione non infrequente nel Nord Italia).

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