Regia di Riccardo Milani vedi scheda film
Milani ha a cuore il personaggio, la sua storia e soprattutto la sua battaglia in difesa delle proprie radici, ma dietro le buone intenzioni c'è un equivoco di fondo su quale sia il percorso da prendere.

FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2025 - GRAND PUBLIC - FILM D'APERTURA
«Nella vita non contano i passi che fai, ma le impronte che lasci». Questo epitaffio, scritto rigorosamente in sardo, campeggia (stando al film) sulla lapide di Ovidio Marras, morto a 93 anni nel 2024 dopo esser diventato un simbolo per aver resistito per decenni alle lusinghe del dio denaro, rifiutandosi ripetutamente di vendere ad un colosso immobiliare del nord la casa che, prima di essere sua, era stata dei suoi avi per generazioni.

In La vita va così di Riccardo Milani, Ovidio Marras diventa Efisio Mulas (interpretato da un ex pastore sardo di nome Giuseppe Ignazio Loi), e la sua battaglia viene mostrata da quando, nel 2000, l'immobiliarista Diego Abatantuono gli spedisce a domicilio, a Bellesamanna, il fidato capocantiere Aldo Baglio con la sua squadra, vettore di un'offerta che di solito a quelle latitudini non viene mai rifiutata: 150 milioni di lire pagati sull'unghia per permettergli di prendere possesso della sua terra, in riva al mare, e costruirci un resort di lusso. Il "no" del pastore arriva corredato da spiegazioni in lingua madre prontamente tradotte dalla figlia Virginia Raffaele, che subito gli si pianta accanto come fedele scudiera. Quello che in altri casi si definirebbe trattativa, in questo è un vero e proprio accerchiamento, che la ditta porta avanti per anni, coinvolgendo il vicinato, sedotto dall'indotto e dai posti di lavoro offerti (in ruoli ovviamente di bassa manovalanza), e aumentando sempre più l'offerta.

Milani ha a cuore il personaggio, la sua storia e soprattutto la sua battaglia in difesa delle proprie radici, ma dietro le buone intenzioni c'è un equivoco di fondo su quale sia il percorso da prendere, laddove una commedia mai così indecisa (con Virginia Raffaele troppo forzatamente imbronciata, e con Aldo Baglio che fatica ad uscire dal registro 'comico') prova a travestirsi da cinema civile ma mancando di sostanza e di coraggio, e limitandosi a qualche svolazzo moraleggiante buono per tutte le stagioni. Troppo poco per accontentarsi.
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