Regia di Cherien Dabis vedi scheda film
Storicamente ineccepibile. Duro, per la denuncia onesta. Toccante, sul versante degli affetti. Ben amalgamato. Poetico.
Un film per tutti, come difficilmente si può fare sul genocidio palestinese senza nel contempo edulcorare la materia. Che qui non è affatto edulcorata: memorabili alcune scene sull’umiliazione spaventosa che i soldati israeliani riservavano ai palestinesi. Come anche sono memorabili altre scene sul terrore dei civili sottoposti ai bombardamenti.
Un occhio di riguardo è offerto ai bambini: al loro immaginario. Che poi sarà – in gran parte, a seconda di quello che avranno ricevuto e visto nei primissimi anni di vita, appunto - quello di loro stessi, una volta divenuti adulti: tra di loro, c’è chi poi sarà terrorista; oppure pavido; oppure equilibrato; oppure radicale senza eccessi – il che appare la soluzione meno inadeguata.
Il vissuto storico, nella quotidianità, è rappresentato in modo esemplare. In particolare, nella catena degli affetti: quella dei nonni, dei padri, della mamma (interpretato dalla stessa regista in modo eccellente)… ma soprattutto quello dell’amore dei coniugi.
La storia non è colta solo nella quotidianità, ma anche nelle sue implicazioni “macro”: gli individui sono chiamati a delle scelte spesso atroci, per sé e per i propri familiari, e i propri vicini… scelte che volentieri avrebbero preferito non dover fare. Scelte la cui urgenza – in più, e soprattutto - non dipende certo da loro.
Questa è tutta storia, onestamente descritta. Che non è certo solo quella del popolo palestinese, ma anche di tanti altri popoli, compreso quello israeliano.
Forse è un po’ lungo e poco ritmato. Ma le accensioni improvvise, e l’inquadramento d’insieme, ripagano.
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