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La città proibita

Regia di Gabriele Mainetti vedi scheda film

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La recensione su La città proibita

di Letiv88
7 stelle

La città proibita è un mix di azione e dramma che punta sulla vendetta come motore della storia. Non privo di limiti, ma intenso e coinvolgente.

locandina

La città proibita (2025): locandina

Dopo Lo chiamavano Jeeg Robot (2015) e Freaks Out (2021)Gabriele Mainetti conferma la sua capacità di raccontare storie con forte impatto visivo e personaggi memorabili, anche se non sempre riesce a eguagliare la freschezza del suo debutto. Con La città proibita (2025) si confronta con un contesto internazionale, intrecciando la Cina degli anni ’90 e la Roma contemporanea, e affronta temi delicati come la politica del figlio unico, la famiglia spezzata e la criminalità nei quartieri multietnici.

Negli anni ’90, in Cina, le sorelle Yun (Haijin Ye) e Mei (Yaxi Liu) vengono cresciute nascoste per sfuggire alla legge sul figlio unico e addestrate alle arti marziali. Vent’anni dopo, Mei arriva a Roma alla ricerca della sorella scomparsa, finita coinvolta in un mondo di ristoranti cinesi segnati da traffici illeciti e sfruttamento. A Roma Mei si muove tra il ristorante “La città proibita” e la trattoria italiana vicina, dove incontra Marcello (Enrico Borello), giovane cuoco romano, la madre Lorena (Sabrina Ferilli) e Annibale (Marco Giallini), uomo legato alla malavita del quartiere. La vicenda esplora tensioni e rivalità, e la determinazione di Mei è guidata anche dal desiderio di vendetta, mentre affronta le dinamiche criminali e le sfide culturali del quartiere. Alfredo (Luca Zingaretti), padre di Marcello, figura chiave nella vicenda, segna le scelte e i conflitti dei personaggi. La trama mantiene il focus sui legami familiari, i conflitti e l’integrazione culturale, senza rivelare gli eventi finali.

Mainetti dimostra ancora una volta il suo controllo sullo spazio e sull’azione: le scene di combattimento sono calibrate e spettacolari, mentre la macchina da presa segue con precisione la tensione dei momenti più concitati. Gli ambienti romani e cinesi sono resi con attenzione al dettaglio, e il montaggio mantiene il ritmo serrato pur senza sacrificare la chiarezza della vicenda.

La sceneggiatura, firmata da Gabriele Mainetti insieme a Stefano Bises e Davide Serino, alterna momenti di azione a scene più intime, mantenendo un equilibrio tra tensione, humour e dramma. Alcune sottotrame restano appena accennate e non tutti i personaggi vengono sviluppati pienamente, ma i dialoghi restano efficaci e l’ambientazione multiculturale contribuisce a dare spessore al conflitto centrale e ai protagonisti.

La protagonista Mei, interpretata da Yaxi Liu, regge l’intero film con la sua presenza fisica e la credibilità nelle sequenze di combattimento. Yun, la sorella, interpretata da Haijin Ye, pur con meno apparizioni, resta il fulcro emotivo della storia e guida le azioni di MeiMarcello, interpretato da Enrico Borello, è il giovane cuoco romano che inizialmente reagisce con diffidenza, ma si apre progressivamente alla collaborazione con MeiAnnibale, interpretato da Marco Giallini, appare realistico e convincente: la voce segnata dalle sigarette e l’aspetto segnato dall’età non sono scelte del ruolo, ma rendono il personaggio più autentico e credibile nella sua complessità. Lorena, madre di Marcello, interpretata da Sabrina Ferilli, porta calore e concretezza nella famiglia, mentre Luca Zingaretti nei panni di Alfredo aggiunge il peso emotivo dell’assenza paterna. Tutti gli altri ruoli secondari arricchiscono l’ambientazione multiculturale e il contesto criminale dei ristoranti cinesi, dando solidità alla vicenda senza rubare la scena ai protagonisti.

La città proibita è un film ambizioso che alterna dramma familiareazione e tensione criminale, con una protagonista intensa e sequenze di combattimento ben coreografate. Nonostante alcune lacune nella sceneggiatura e momenti prevedibili, il ritmo serrato, l’ambientazione multiculturale e un cast convincente rendono il film interessante. Mainetti conferma il suo talento nel mescolare generi e creare personaggi credibili, pur senza replicare completamente l’impatto emotivo di Lo chiamavano Jeeg Robot.

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