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28 anni dopo

Regia di Danny Boyle vedi scheda film

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La recensione su 28 anni dopo

di diomede917
7 stelle

CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: 28 ANNI DOPO

È decisamente molto impegnativo riprendere le tematiche raccontate in 28 Giorni Dopo e nel suo sequel 28 settimane dopo, in un periodo storico dove The Walking Dead e Last of Us hanno dato un contributo significativo e nuova linfa al nuovo modo di raccontare una società post apocalittica che tenta di sopravvivere ai mostri da lei stessa generati.

Infatti, in 28 anni dopo, l’accoppiata Danny Boyle e Alex Garland nelle due ore di film mettono pochi infetti e molta critica sociale. Il virus diventa metafora dell’isolamento non solo fisico ma soprattutto ideologico che ha portato la Brexit nel Regno Unito, la famiglia come l’abbiamo conosciuta fino adesso è fallita, Dio non esiste e suo figlio è rappresentato da un crocifisso capovolto e la speranza è tutta in mano ad una nuova generazione che è nata già dentro una società in eterna lotta con una terraferma invasa dagli infetti e che si è evoluta con la cosiddetta Generazione Alfa molto più veloce e molto più violenta.

I 10 minuti iniziali facevamo sperare al meglio. Danny Boyle è bravissimo a catapultarci nell’onda di terrore che pervade nei 28 anni prima, dove il virus avanzava devastante con una forza incredibile. Dove ragazzini terrorizzati guardavano i Teletubbies rinchiusi in una stanza come ultimo barlume di innocenza prima di andare incontro al loro terribile destino. Dove i padri pastori protestanti lasciano i propri figli al loro destino facendoli gridare un “Padre perché mi hai abbandonato” che ha, purtroppo, un significato ancora più tragico di quello pronunciato da Gesù Cristo sulla croce.

Il 28 anni dopo dei due ragazzacci britannici tremendi è un romanzo d’iniziazione in puro stile Dickensiano ma che risente anche delle scorie di A Civil War, il bellissimo film di Alex Garland.

Come ne “La Strada” di Cormac McCarty c’è un padre che cerca di insegnare come stare al mondo e come cavarsela nella giungla che sta fuori la loro fortezza nella Scozia. Il film si apre con la sua prima volta nella terraferma dove ucciderà per la prima volta un infetto, dove vomiterà per la prima volta la sua paura di morire, dove scoprirà per la prima volta che suo padre è pronto a vivere una vita senza la moglie, ma soprattutto scoprirà per la prima volta che la vita va vissuta con la filosofia del “Memento Mori, Memento Amoris”.

Il cuore del film sta nel processo di crescita del giovane Spike. La morte e gli infetti sono la cornice del percorso di un ragazzo che cerca in tutti i modi di salvare la mamma da un tumore che le sta devastando il cervello. Solo uscendo dal suo isolamento scopre l’esistenza di un medico in grado di aiutarlo. In realtà il personaggio del Dott. Kelson (interpretato da un ascetico Ralph Fiennes) sembra un Comandante Kurtz uscito da un Post Apocalypse Now che insegna al giovane Spike il nuovo senso della vita che passa solo affrontando e guardando la morte negli occhi preparandolo per il sequel.

Di spaventevole c’è solamente quello che diventeremo a breve e la consapevolezza che siamo già all’inizio di questo percorso senza ritorno, cinematograficamente parlando a parte il parto di una donna infetta dentro un treno abbandonato abbiamo pochi salti dalla poltrona.

28 anni dopo sembra più un atto preparatorio per il sequel che è già in produzione che già ci fa intuire un’evoluzione verso un futuro che mescola Arancia Meccanica e I guerrieri della Notte.

Speriamo in bene perché a partire qualche guizzo di grande cinema, 28 anni dopo (in realtà 23) sono rimasto con un po' di amaro in bocca.

Bene ma non Benissimo

Voto 6,5

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