Regia di Danny Boyle vedi scheda film
Primo appuntamento tra cinefili d'ora in avanti:
Lei: «Qual è il personaggio che più ti rappresenta?»
Lui: «Hai presente l'alfa del film 28 Anni Dopo? Ecco, quello. E poi corro anche veloce.»
Lei: «Beh, a parole son bravi tutti ma finché non vedo non ci credo.»
Allora i due vanno a casa, entrano in camera, lui le mette delicatamente una mano sotto al mento come per baciarla, poi... SBRAAAM! Le stacca la testa dal corpo.
Questo sequel dimostra una cosa: Danny Boyle è un regista di b-movie, non ci sono cazzi (ok sì, ci sono).
Con b-movie non intendo solo il tipo di film fatto con una pera e due kiwi come budget, secondo me è più una questione di stile, di atmosfera.
Nei b-movie che si rispettano c'è un soggetto forte e una sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti, c'è un protagonista carismatico ma non per forza un grande attore, c'è l'effetto speciale kitsch non la CGI invisibile.
28 Anni Dopo è tutto questo.
Garland e Boyle si sono seduti ed hanno deciso che volevano parlare di Brexit, di famiglia, di religione, di machismo, di malattia (fisica e mentale), di nascita e di morte. Chissene frega di come e perché, questo è quello di cui volevano parlare e bene o male l'hanno fatto.
La sceneggiatura è morbida all'inizio, un po' tirata andando avanti, addirittura strappata e rattoppata alla buona in certi punti, tipo le toppe colorate che cucivano le nonne sui pantaloni una volta.
Mi hanno fatto sorridere i militari svedesi naufragati e trucidati in mezzo secondo di cui resta un solo sopravvissuto, il quale ovviamente deve aiutare i nostri protagonisti ad arrivare a destinazione rendendo la cosa credibile. Perché un bimbetto e una donna malata, da soli, dove potevano andare?
Ma va bene così, grazie a questa toppa c'è anche stata l'occasione per parlare di tecnologia e di chirurgia estetica.
Boyle ha filmato in digitale che più digitale non si può, utilizzando piccole camere, droni e iPhone.
Nelle interviste fatte per promuovere il film ha spiegato che alcune soggettive le hanno ottenute fissando gli smartphone direttamente sugli attori. Mica male come idea, anche se che la maggior parte del girato era inutilizzabile.
La cosa più riuscita (secondo me) è la colonna sonora e com'è stata utilizzata, con alcuni rimandi al primo film per i nostalgici ma anche con qualche idea molto carina, della Sony però.
Riguardo alla scena (molto bella) in cui vengono mostrate immagini di battaglie storiche, con la stupenda poesia di Kipling che scandisce il tempo, Boyle ha ammesso che l'idea è partita dalla produzione che l'ha inserita nel primo trailer. Siccome a regista e sceneggiatore è piaciuta molto, l'hanno poi inserita nel film. Furbetti.
Gli attori fanno tutti la loro parte senza strafare. Jodie Comer nel ruolo della madre mi è piaciuta molto, mai esagerata o sopra le righe inutilmente, a differenza di Taylor-Johnson.
Un'altra cosa che ho apprezzato, che è figlia del periodo storico in cui viviamo, è l'evoluzione del rapporto tra padre, figlio e madre.
Anni fa la trama sarebbe andata avanti con padre e figlio a combattere soli contro tutti, col figlio che inevitabilmente avrebbe preso il posto da capofamiglia super cazzuto una volta che il padre fosse morto alla fine del film.
Per fortuna stiamo superando questa retorica, era ora.
Peccato per il finale che, a sensazione, preannuncia una seconda parte molto sopra le righe che difficilmente apprezzerò. Staremo a vedere.
Detto questo, lunga vita ai b-movie di Danny Boyle, perché una sceneggiatura come questa in mano alla A24 avrebbe scaturito in me un potentissimo attacco di vomito.
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