Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film
Paul Thomas Anderson incontra nuovamente lo scrittore di culto Thomas Pynchon, maestro riconosciuto del Post moderno: a circa dieci anni dall'adattamento di "Vizio di forma", che ebbe un successo di stima, come sempre, ma non è una delle sue opere più amate da pubblico o critica, adesso PTA ha voluto adattare "Vineland", dimostrando un'affinità significativa con Pynchon, l'unico scrittore alle cui pagine si è voluto ispirare per ben due volte (e ricordiamo che "Il petroliere" era un adattamento molto libero della prosa di Sinclair, non una vera e propria trasposizione).
La trama è anche qui una sorta di "pastiche" che combina motivi di ordine politico/sociale ad una dimensione di thriller action che si fa sempre più marcata con il procedere dell'intreccio: il protagonista Bob Ferguson è un ex rivoluzionario del collettivo French 75, organizzazione che si batteva a favore degli immigrati sul confine tra Stati Uniti e Messico, spesso ricorrendo alla lotta armata, che adesso vive con una figlia sedicenne avuta dalla compagna Perfidia Beverly Hills, nel frattempo sparita. Quando il colonnello Lockjaw, esponente di una setta di suprematisti bianchi, riesce a trovare la ragazza per farla arrestare, Bob dovrà sfoderare il meglio delle sue capacità per salvare la figlia. Anderson ricapitola sicuramente tematiche dei suoi film precedenti, ma c'è spazio anche per il nuovo, e una consapevolezza politica molto più radicale del solito. Paragonato da Steven Spielberg al "Dottor Stranamore", "Una battaglia dopo l'altra" ci fa assistere sia al tramonto di una utopia rivoluzionaria che Pynchon posizionava cronologicamente negli anni 80, mentre Anderson arriva praticamente ai giorni nostri, sia la deriva intollerante e fascista dei gruppi di "supremazia bianca" che trovano nel film un inquietante rappresentante nel colonnello Lockjaw, interpretato da uno Sean Penn tornato al meglio delle sue possibilità recitative.
Ricorrendo alla consueta mescolanza di materiali "alti" e "bassi" e alla contaminazione fra passaggi più seri e drammatici e improvvise, brusche rotture di carattere grottesco e stralunato (ad esempio la disputa telefonica sulla password, certamente da antologia), Anderson realizza un film che alcuni hanno definito tra i suoi più commerciali, forse anche per un budget molto alto di circa 150 milioni di dollari, ma che rimane incredibilmente coinvolgente, soprattutto negli aspetti da thriller di inseguimento che sono gestiti con indubbia maestria tecnico-realizzativa nella seconda parte, arrivando ad un finale di sofferta accettazione del proprio vissuto che farà versare qualche lacrima allo spettatore intelligente, nella maniera meno ricattatoria possibile. Riservare i consueti elogi al regista potrà apparire a qualcuno una pratica "di parte", ma per fortuna non sono il solo, poiché mi sembra che la quasi totalità della critica sia italiana che americana abbia reagito anche stavolta con l'entusiasmo riservato ai capolavori, qualcuno arrivando a definirlo il "film del decennio", e in effetti la concorrenza è così scarsa che potrebbe esserlo davvero.
Eccezionale il cast, con un Leonardo Di Caprio che finalmente riesce a lavorare con PTA dopo il rifiuto, di cui ora si dice pentito, di "Boogie nights", con una caratterizzazione esilarante ma al tempo stesso di forte risalto espressivo del suo bombarolo anarchico dipendente dagli stupefacenti, ma pronto a riesumare la propria dignità di padre e di essere umano in nome degli ideali per cui ha lottato una vita intera. Nel ricco cast di supporto si distinguono il citato Sean Penn, un Benicio Del Toro improbabile ma commovente, una Teyana Taylor di oscuro sex appeal e una Chase Infiniti che dà alla figlia Willa vibrazioni ribelli adolescenziali che arricchiscono ulteriormente la tastiera emotiva di questo grande Romanzo Americano. Le musiche di Jonny Greenwood sono ormai un marchio di fabbrica del cinema di PTA, ma servono benissimo molte sequenze soprattutto di inseguimento, per il resto non serve fare la lista dei contributi tecnici, ma la cosa migliore è abbandonarsi ancora una volta alla magia del cinema di questo grande affabulatore, che ormai fa un film ogni 4/5 anni, e si spera che stavolta gli incassi siano elevati e che magari arrivino i tanto sospirati premi Oscar.
Voto 9/10
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