Regia di Lucia Chiarla vedi scheda film
Come un kammerspiel motorizzato. Se non fosse così tanto impegnativo per i bambini, andrebbe proiettato nelle scuole di ogni grado, perché – alla pari del problema del sessismo e della violenza di genere – si può educare anche con un film fatto molto bene e ben scritto.
Constanze e Jens Brandt, di circa 40 anni, hanno una vita quotidiana molto stressante: Constanze lavora duramente per ottenere un lavoro permanente come architetto in una ditta, Jens lavora turni notturni e nei weekend come tassista a Stoccarda. Lei è sempre in affanno fra casa e lavori che richiedono anche il fine settimana, lui fa parte di una piccola compagnia di tassisti che soffre la concorrenza quasi sleale del nuovo concorrente Easylane, che significa ulteriore pressione per il bilancio economico familiare. I due si vedono praticamente solo nel taxi, come quando il marito va a prendere la moglie a fine lavoro: una smonta, l’altro comincia la notte. Non parlano che in auto e un pomeriggio succede che arriva una chiamata dalla scuola del figlio decenne Luis, in cui il preside svela che il ragazzino è da tempo vittima di bullismo. Scossi dalla inquietante novità, si ritrovano catapultati e coinvolti in un conflitto che non si aspettavano e scoprono che non è facile bilanciare il rispetto delle convenzioni sociali e il legittimo tentativo di proteggere il figlio. Il che, ovviamente, non fa altro che sommarsi allo stress del lavoro quotidiano dei due e dalla scarsità delle finanze.
About Luis (2024): Natalia Rudziewicz, Max Riemelt
Tra lo spaventato e il surreale, essi scoprono che la ragione del bullismo è lo zaino viola con l’immagine dell’unicorno che Luis ama moltissimo e che porta a scuola, motivo per il quale lo prendono pesantemente in giro e arrivano a bullizzarlo fino a farlo isolare completamente: disegni scabrosi sulla porta del bagno quando vi si reca, nessuno vuole sedersi allo stesso banco, intimidazioni fisiche. Incredibilmente i problemi vanno anche aumentando a causa di qualche comprensibile reazione del piccolo. La replica, però, gli costa una settimana di sospensione: cosa significa per i genitori? Un alunno vittima di bullismo che reagisce e si difende diventa il colpevole? I docenti hanno fatto completamente il loro dovere? Perché viene punito lui e non gli altri? Quando poi la questione degenera e prima lui spinge il rivale Finn che si fa male e deve ricorrere alle cure dell’ospedale, poi subisce la vendetta e viene spinto giù dalle scale e subisce un grave trauma cranico, la situazione diventa insostenibile.
È lampante come questo interessante film porti con sé una forza tematica molto forte, anche se, visto il soggetto di partenza, non riesce mai a scrollarsi di dosso le sue origini teatrali, che pur sono molto valide. La messa in scena rimane confinata, quasi claustrofobica, e i dialoghi – pur intensi – risultano spesso troppo costruiti, più adatti al palcoscenico che alla naturalezza del cinema. Difatti, la quasi totalità del film si svolge nel taxi di Jens, come per accentuare la vita che l’uomo deve trascorrere sulle quattro ruote. Noi spettatori siamo lì, assieme a loro e a chi manovra la macchina da presa, costantemente di fronte, ora osserviamo l’una, ora l’altro, con i vari toni dei sentimenti e delle emozioni che corrono lungo i diversi giorni della storia.
About Luis (2024): Natalia Rudziewicz, Max Riemelt
Attimi di enorme romanticismo (quel CD che canta in italiano un brano d’amore è il loro cavallo sentimentale di battaglia), arrabbiature ordinarie di una coppia, promesse di fine settimana da trascorrere in armonia, litigi furiosi, contrasti molto vivaci su come risolvere la bomba scoppiata in famiglia, mai immaginando che al loro figlioletto poteva succedere così tanto per via di uno zaino che gli alunni hanno già giudicato da effeminato. Era un problema che non si erano mai posti, anche per la loro mentalità aperta e per le idee progressiste che li caratterizzano. Purtroppo, lei di giorno è troppo presa dal lavoro per ottenere un impiego soddisfacente, lui è sempre in quel maledetto taxi. Solo la nonna Hanna (anche lei interpellata a bordo dell’auto, da cui praticamente si esce molto di rado) mantiene la calma e sa dare, in qualità di pensionata ex insegnate, i consigli più meditati e dà la prima sferzata all’argomento oggetto della sceneggiatura: la scuola non si assume mai la responsabilità dei comportamenti errati degli studenti, non prende mai la decisione giusta, scarica sempre le colpe sulle famiglie. Per tutto ciò, per lei, le scuole andrebbero redarguite e criticate, ma in ogni caso mai fidarsi. Però, quando alla fine, spinti dall’avvocata, i genitori prendono la decisione di proseguire con la denuncia, resta alquanto perplessa.
Sconcertante è la storia e purtroppo realistica, spaventosamente possibile a Stoccarda come altrove, ponendo il serio problema di una questione sociale e etica, di educazione e di libertà non solo di scelte ma soprattutto di accettazione delle persone per come nascono. Come dice Jensal giovanissimo e obeso cliente che sale a bordo, se uno è grasso, magro, alto, basso, mascolino, gay, trans, non va additato né preso in giro: è così e va accolto per quello che è. Punto. È evidente che sono la società, lo Stato, le istituzioni, la famiglia e la scuola, tutti insieme, che devono lavorare per educare alla convivenza, nessuno escluso: né chi deve adoprarsi affinché questo avvenga, né chi si ritrova nelle condizioni di dover subire per il semplice motivo che non deve arrendersi alle pressioni. Se poi ciò riguarda un bambino, se non si fa il necessario, le conseguenze psicologiche sono gravi e le conosciamo. Quante volte leggiamo di adolescenti rinchiusi in se stessi, isolati, perché vittime di discriminazione e di bullismo? Dove sono i genitori dei bulli? Se ne sono al corrente sono colpevoli, se lo ignorano hanno la responsabilità di non conoscere bene i figli. Per evitare le conseguenze e, addirittura, le decisioni estreme.
About Luis (2024): Max Riemelt, Natalia Rudziewicz
La tensione del film nasce non ultimo dal fatto che i due protagonisti hanno opinioni contrarie quando si tratta di affrontare il problema centrale. Jens è orgoglioso che suo figlio porti indisturbato lo zaino apparentemente vistoso e lo spinge testardamente a tenere duro; invece, Constanze vuole risolvere il conflitto rapidamente sopraffatta dal lavoro che il suo capo le affida. Il film, giustamente, non prende posizione ma ci sbatte in faccia il problema. Diventa però chiaro che i genitori sono lasciati completamente soli con questa responsabilità: la scuola non fa nulla per proteggere efficacemente e equamente la vittima di bullismo e la società sta ferma. I due sono simbolicamente soli in auto come anche davanti all’imbarazzo e alla paura di sbagliare.
About Luis (2024): Max Riemelt, Natalia Rudziewicz
La regia, sostenuta dall’ottima prova attoriale di Max Riemelt e Natalia Rudziewicz, non cerca il clamore di un film di successo, ma va al sodo e punta dritto il dito contro chi non fa il possibile e non veglia affinché si eviti il peggio. La regia ed il film aprono uno squarcio amaro su ciò che succede sicuramente più di quello che sembra, più di quello di cui si sente. Il ritmo resta serrato e a qualcuno, non facendosi partecipe, può parere monotono, ma se ci si mette nei panni della coppia si accorge che la tensione emotiva è vibrante e palpabile. È un’interessante opera che si affida molto alla parola e non all’immagine e l’impronta della nascita teatrale richiede l’ambiente circoscritto, con solo alcune scene fuori all’aria aperta e nei corridoi degli ospedali. In quel taxi, come una seconda casa, partono e arrivano le emozioni, a volte negative, a volte pessime e a volte migliori, perché i due coniugi attraversano alti e bassi a seconda dei momenti che vivono. Sono molto bravi i due interpreti, capaci di trasmetterci le sensazioni che li travolgono, pur restando seduti su due sedili. Un mezzo voto in più del 6,5 meritato dal film è per la loro bravura.
About Luis (2024): Max Riemelt
Come un kammerspiel motorizzato. Se non fosse così tanto impegnativo per i bambini, andrebbe proiettato nelle scuole di ogni grado, perché – alla pari del problema del sessismo e della violenza di genere – si può educare anche con un film fatto molto bene e ben scritto.
Merito di Lucia Chiarla, una regista e sceneggiatrice, una volta anche attrice, nata a Genova ma cresciuta professionalmente in Germania. Mi spiace soltanto che questo suo lavoro troverà sicuramente poche sale in Italia e difficilmente verrà proposto nei palinsesti televisivi. Spero almeno in qualche piattaforma streaming importante, perché, secondo me, non dovrebbe passare inosservato: la realtà va guardata in faccia, per imparare e educare.
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