Regia di Albert Serra vedi scheda film
Superbo documentario sulla tauromachia al livello di certe cose e riflessioni sull'argomento di Orson Welles, Joris Ivens, Francesco Rosi, da parte di un regista nonostante tutto abbastanza appartato come Albert Serra, all'interno del cinema europeo e non solo, ovviamente non per tutti e persguitato dalle associazioni di animalisti collegate oppure no al cinema, che lo hanno perfino fatte cassare da liste festivaliere nelle quali era già stato selezionato ed inserito. Oltre al lento stile cinematografico precipuo di Serra, e che limita l’accessibilità dei suoi film, oltre che avere qui sobillato in armi tutti gli animalisti.
Ma è un documentario, quindi che l'occhio della macchina da presa sia lì o no, i tori saranno lo stesso ugualmente ancora scherniti, inghiottiti e massacrati di fronte a una folla plaudente. Quindi, non è assolutamente per tutti se non a proprio "rischio e pericolo", o forse, vederlo come un pezzo di cinema osservativo che apre gli occhi sul mondo sanguinoso e cruento della corrida.
Serra, senza giudizio alcuno e questa è la pietra angolare della sua opera, pianta inflessibile la sua macchina cinematografica in posizioni strategiche, al sicuro lontano dal pubblico praticamente mai inquadrato se non in infinitesimali spicchi mai in un totale, con l'incessante attenzione di un cecchino, mentre i suoi primi piani di dinamismo creano un'intimità che coinvolge senza pari lo spettatore nello scontro tra l'uomo e la bestia .
Non taglia via il sangue e i tori che si contorcono nei loro ultimi agonizzanti respiri, o in una feroce occasione, nella quale il grande matador peruviano Andres Roca Rey è quasi stato ucciso.
“Hai messo la tua vita in gioco.”
Andres è il nostro protagonista, che urlando e contorcendo il suo volto per provocare lo sfortunato toro che lo incontra, davanti a lui per attaccarlo. A volte, viene momentaneamente ferito, e non si può essere sicuri di chi o cosa sia il sangue che lo ricopre, mentre ad un certo punto della eccellente fotografia, gli affilati rossi si fondono tutti con la muleta e le banderillas.
"Tardes de Soledad" ci mostra la vita di un torero mentre si veste con il suo elaboratissimo e aderentissimo costume pezzo per pezzo, venendo trasportato da e indietro dall'hotel alle varie plaze de toros ,e poi si spoglia mentre la luce del giorno volge al termine e così anche la giornata forse finale, nell'arena. Serra dirige il tutto con i suoi consueti tempi statici, che amplificano la solitudine di Andres.
Mentre i collaboratori di Andres accumulano elogi su elogi alle sue continuamente dimostrate "grandissime palle" (menzionate probabilmente almeno 20 volte), ritagliando su di queste lunghe sequenze fisse in automobile delle raffinatissime composizioni fotografiche di tranquillità, tra il rimettere la vita in gioco nella prossima corrida. Perché tornerà di nuovo un altro pomeriggio, rischiando la propria di vita per porre fine a un'altra vita, come parte dell'arte e dell'intrattenimento infinti.
Accorpare "Tardes de Soledad" con una re-visione dell'altrettanto poderoso e citato "Il Momento della verità"(1965) di Francesco Rosi, guidato dalla narrazione e dalle interviste ai protagonisti che qui invece mai ci sono (1965), per un’esperienza quasi mistica.
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