Regia di Mario Martone vedi scheda film
Goliarda Sapienza, già attrice e scrittrice di non troppo successo, finisce in carcere nel 1980 per furto. L’esperienza si rivela fondamentale per lei, che lì dentro ricomincia a sentirsi viva anche grazie alle neonate amicizie con Roberta e Barbara. Il legame con la prima è particolarmente forte e proseguirà negli anni successivi alla scarcerazione di entrambe.
L’omaggio di Valeria Golino a Goliarda Sapienza, cominciato nel 2024 con la regia della serie Sky L’arte della gioia, prosegue l’anno successivo grazie a Mario Martone, che vuole l’attrice come protagonista del suo Fuori. Un film di sentimenti profondi e di grande intensità, indubbiamente non troppo vivace nella messa in scena e, ciò che maggiormente conta, un’opera che finalmente si rivolge al grande pubblico per raccontare qualcosa di Goliarda Sapienza, personaggio di notevole spessore eppure mai doverosamente omaggiato fin qui. È un ritratto intimo, quello di Fuori, ravvicinato e perfino spietato nel descrivere la caparbietà, la curiosità ma anche le fragilità della scrittrice; senza dubbio sfortunata in vita (il suo maggiore successo letterario, cioè proprio L’arte della gioia, uscirà postumo grazie al marito Angelo Pellegrino), Sapienza seppe trasformare la sofferenza della detenzione in carcere – tre mesi circa, nel 1980 – in un’occasione di rinascita. Il copione della pellicola nasce infatti da due testi in cui l’autrice parla della sua esperienza dietro le sbarre: L’università di Rebibbia e Le certezze del dubbio; la sceneggiatura è firmata da Martone insieme alla moglie Ippolita di Majo (a cui, sola, è attribuito il soggetto). Oltre alla già citata Golino, nel cast compaiono un’ottima Matilda de Angelis e la cantante Elodie, nonché Corrado Fortuna, Antonio Gerardi e Francesco Gheghi. Poco meno di due ore di durata: non pochissimo, dato il ritmo a tutti gli effetti piuttosto rilassato della narrazione. Sui titoli di coda un’intervista della reale Goliarda Sapienza in una trasmissione tv condotta da Enzo Biagi spiega il significato del titolo: “il carcere è come il fuori”, semplificando: una realtà fatta di lati negativi, certo, ma non soltanto. 5,5/10.
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