Regia di Ferdinando Vicentini Orgnani vedi scheda film
Tecnicamente modesto. Civicamente ottimo.
Il ricordo di una martire del giornalismo, che si è immolata – giacché sapeva a quali rischi andava incontro, ma ciononostante non si è tirata indietro – in nome dei diritti umani e della giustizia, della denuncia dei crimini e della difesa delle vittime, è sempre qualcosa di meritorio. Da tramandare.
Qui, forse, finiscono i pregi.
La regia di Vicentini Orgnani (di cui non ho visto le altre opere, ma di cui apprendo il lodevolissimo impegno etico e civile) resta televisiva. Così come tutto il resto: compresa la recitazione, in particolare della protagonista Giovanna Mezzogiorno (le cui doti attoriali peraltro in generale apprezzo molto), comunque bella come non mai.
Comunque, correttissima è l’esibizione delle iniquità del potere che hanno ucciso l’eroica giornalista. Il marciume della corruzione di vari politici e imprenditori - purtroppo così ricorrente ancora qui da noi in Italia – si mostra appunto come un sistema criminale diffuso e, purtroppo, maggioritario, ai vari livelli. Il quale si avvantaggia di un giornalismo ugualmente indegno eticamente - quasi l’unico che può permettere la carriera -, per l’asservimento menzognero a un potere iniquo.
Ottima è pure la ricostruzione del mondo postcoloniale in Africa, in cui lo sfruttamento capitalista continua a farla da padrone, mentre le promesse di una società giusta appaiono per quanto sono: inganni, per giustificare il potere proprio, soprattutto economico e successivamente politico, che si giova di meschini – quando non orribili eticamente - servi locali. Un potere che ha bisogno di alimentare ignoranza, paura, pigrizia, viltà; mentre minaccia, fino a ucciderle, solo le uniche persone serie, cui invece andrebbe il plauso per aver favorito la felicità pubblica. Un pregio raro che si paga con il male ricevuto – anche spaventoso come questo - invece che con la gloria e il successo.
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