Regia di Aurelio Picca vedi scheda film
Nel settembre del 2020 Willy Monteiro Duarte, cuoco di origini capoverdiane impiegato in un albergo del frusinate, venne brutalmente pestato a Colleferro da quattro subumani, tra i quali due gemelli, i Bianchi, noti per seminare il terrore nella zona. Il ragazzo ebbe la sola colpa di aver tentato di sedare una rissa. Fin qui i fatti, tristemente noti, in quella breve parentesi tra un lockdown e l’altro. Il film vorrebbe trasformare quel tragitto in un viaggio tra Paliano, Lariano, Artena e Colleferro, per restituire il “corpo” di un territorio ferito.
Aurelio Picca, unico vero protagonista di un’opera che non rende affatto giustizia a quel giovane che Mattarella avrebbe in seguito insignito con la Medaglia d'oro al valor civile (alla memoria), procede a colpi di retorica, con frasi tanto magniloquenti quanto incomprensibili, portando lo spettatore sui luoghi dell’omicidio. È qui che partono le interviste: a un parroco che afferma che «qui, dove prima si fabbricavano armi, per fortuna adesso si costruiscono missili», a quel campione di meschinità che è Cicalone, maestro di arti marziali, persecutore dei più deboli e debole con i forti, e a un barista che fa una sorta di pubblico encomio dei fratelli Bianchi, i due assassini condannati all’ergastolo in secondo grado di giudizio. Nelle intenzioni, la raccolta di testimonianze dovrebbe far riflettere sulle ragioni di un omicidio tanto efferato quanto inspiegabile, ma la voce dell’autore sovrasta quasi sempre quella dei luoghi e delle persone. Al netto delle riprese durante il dibattimento in tribunale e per dell’accorata testimonianza di due amiche di Willy, Preghiera per Willy Monteiro è un film osceno, che rischia di normalizzare anche le più atroci gesta umane.
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