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Il seme del fico sacro

Regia di Mohammad Rasoulof vedi scheda film

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La recensione su Il seme del fico sacro

di barabbovich
8 stelle

Nei giorni successivi alla morte della giovane Mahsa Amini, un'attivista che si era ribellata al regime teocratico dell'Iran, a Teheran impazzano le proteste. Iman, fede incrollabile nel Corano e padre di due figlie adolescenti, viene chiamato come giudice istruttore per decidere sommariamente della sorte dei tanti manifestanti. Per sicurezza, gli viene consegnata anche una pistola: non si sa mai che qualche agitatore di piazza volesse regolare i conti con lui, assassino per procura. Ma l'arma sparisce, e l'uomo - timoroso che la sua reputazione venga infangata - entra in una spirale paranoica che lo porta a vessare sempre più il gineceo di famiglia. Le figlie, coinvolte nel movimento Donna, vita, libertà, prendono intanto coscienza delle ombre della figura paterna, mentre la madre è lacerata tra dovere coniugale e affetti filiali.
Il seme del fico sacro (titolo allegorico e spietatamente preciso: il fico, sacro sì, ma strangolatore) è costruito come un giallo morale: dov'è finita la pistola? Ma la domanda vera è un'altra: quanto a fondo può penetrare il potere in una famiglia perbene? Con una lucidità che guarda a Bresson e una tensione quasi hitchcockiana, Rasoulof trasforma ogni gesto quotidiano in miccia, ogni silenzio in detonatore. Il carcere e l'esilio proiettano ombre lunghe su questo film tesissimo, dove la casa borghese diventa specchio della nazione, e le sentenze di morte - firmate con inquietante normalità - si riflettono in piccoli, quotidiani atti di sopraffazione. Girato per lo più in interni o in luoghi chiusi, e arricchito da materiali visivi raccolti con i cellulari - unici spiragli di verità in un Paese che teme la luce - il film è un apologo sulla ferocia di uno Stato patriarcale che ha abolito il dubbio. Un piccolo capolavoro del miglior cinema iraniano contemporaneo (Il cliente, Figli del Sole, Un eroe, Kafka a Teheran), oggi più che mai cinema di resistenza.

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