Regia di Ari Aster vedi scheda film
"Io sono una persona molto migliore e nonostante tutto quello che appare in lui di così rispettabile e perbenista, di quell'integrato perfetto e predatore sessuale di minori del nostro sindaco."
Joe Cross/Joaquin Phoenix
"Eddington", il primo film importante, americano, e apertamente ambientato-sottolineatamente in ogni scena e spunto-, durante la follia del periodo di obbligo delle mascherine anche per poter fare la spesa e pure se asmatici come lo sceriffo protagonista, onde quindi rischiare un attacco, del distanziamento nelle strade ecc., -insomma siamo nell'ansiogeno e distopico maggio 2020-, di Ari Aster, con Joaquin Phoenix e Pedro Pascal. Ma è anche dopo tanta paura e tremebonda prudenza da parte di tutti i cinematografari per cinque anni, visto che si tratta del primo lungometraggio di finzione che mette in scena molti protagonisti mascherinati come deficienti pure alla presentazione del candidato, e` anche un film coraggioso?
Ovviamente Aster appartiene pienamente alla lobby ebraica che controlla il cinema e l'intrattenimento americano da livello apicale, fino a quello dei tecnici e della maestranze di livello, dei film che si fanno a Hollywood e altrove, negli Stati Uniti.
Qualche dubbio può venire d'obbligo se non si tratti perciò del solito contentino calato dall'alto, onde distrarre e "accontentare" momentaneamente, preparandosi già al prossimo esperimento di ingegneria sociale e ripulitura classista, pandemico.
Può risultare subito apprezzabile, almeno per i primi '40 su due ore e mezza, l' approccio ormai totalmente disincantato e disilluso, per cui tutti gli estremismi hanno come sempre torto alla stessa maniera, utilizzando fondamentalmente gli stessi strumenti di propaganda, solo proponendosi come diversi e soprattutto per cercare di posizionare rendite, successi internettiani, youtuber e dei santoni ciarlatani di Telegram, a diversi soggetti senza arte né parte in cerca d'autore. Però il rischio voluto è cercato della strumentalizzazione e del qualunquismo, ancora peggio del relativismo, per cui tutti hanno torto alla stessa identica maniera e nessuno allora ha/aveba qualche sacrosanta e a onor di ogni logica e libertà, capacità di pensiero, verità e quindi ragione , è dietro l'angolo. E'apprezzabile che Aster a differenza di altri registi ideologicamente ben più grevi e manifesti come Paul Thomas Anderson e Alex Garland(molto più bravo per l'azione però, di P.T. Anderson), in altri film recenti del tipo "produzioni A24", riesca ancora oggi che tutto è così scontato, urlato, prevedibilmente schierato, a realizzare un film piuttosto ambiguo e manipolatorio. Manipolatorio nel senso se possibile meno negativo del termine, poiché se è vero che il personaggio dello sceriffo Joe Cross/Joaquin Phoenix(bravissimo, si veda soltanto il monologo-discorso di presentazione, nella tavola calda) aspirante sindaco, confusamente conservatore e identitario, resistente alle regole autoritarie covid 1984 -che su queste testate mi è sempre parso sono state supinamente accettate e mai criticate, non ricordo un solo scritto in cui qualcuno si è esposto controcorrente, d'altronde in aree editoriali qui di sinistra. Come diverse altre recensioni di questo film dimostrano, che sono infatti persino tutt'ora di vaccinisti sfegatati che non hanno ancora e lo dimostrano, capito nulla- è un pluriomicida, ma provocato ampiamente in maniera oltraggiosa e di inaudita arroganza, e coloro che uccide a partire dal sindaco Ted Garçia/Pedro Pascal(quasi sempre dietro ad mascherina), non sono certo meglio di lui.
Pur essendo il sindaco e il figlio incarnazione stessa di immigrati messicani che hanno fatto fortuna in Nuovo Messico, e che sono adesso esponenti democratici "liberal", sono così liberal che appoggiano e applicano con il massimo vistoso zelo le disposizioni di contenimento sanitario autoritarie e contro il senso comune se non il buon senso, del governatorato, esattamente quello che accadde nella realtà con poche eccezioni, nei democratici. Oltre ad appoggiare una compagnia dell'energia green" e del "Big Data", che proprio nei pressi della cittadina nel deserto vuole costruire un mega stabilimento che prosciugherebbe pozzi e corsi d'acqua naturali, laghi, per raffreddare i suoi impianti a cui servono migliaia di server. Sempre in nome del "non-inquinamento" e delle tante supercazzole green, che almeno il film mostra, comprese pale eoliche alte come grattacieli, a snaturare il paesaggio. La carne al fuoco è molta pure troppa, non manca ovviamente l'assassinio nel maggio 2020 di George Floyd e il Black Lives Matter, ma Aster qui è piuttosto bravo nel mostrarci come tutti fossero strumentalizzati, a partire dai giovani esagitati di Eddington che lanciano solo accuse di nazismo e fascismo, ladri e depredatori di terre altrui indiane, che non c'entrano nulla con il contesto della piccola cittadina del momento, e a qualsiasi bianco capiti loro. Compreso un ridicolo capestro-mantra di espiazione continua a loro stessi per essere giovani bianchi, quindi "privilegiati e colpevoli a prescindere". Il film non piacerà a destra come a sinistra perché mostra e secondo me non con un certo "cerchiobottismo" come qualcuno ha scritto, ma direi più intelligente ambiguità che scrivevo sopra, che pure dalla destra conservatrice, "suprematista" e "no-vax"-utilizziamo questi termini generici e banalizzanti solo per capirci-, le posizioni erano e sono spesso oltranziste e apparentemente "di lotta opposizione" solo finché c'è da occupare uno spazio di potere per i propri, come in ogni lotta di fazioni da sempre. In questo senso è intelligente il finale, in cui l'accordo per lo stabilimento del big data e la sua costruzione, lo fa proprio la nuova amministrazione "populista" e "localista" Cross, guidata adesso dalla suocera dello sceriffo.
Che utilizza gli stessi termini agiografici per il nuovo brillante futuro all"'insegna della "sostenibilità" e delle energie verdi rinnovabili, per la comunità e l'occupazione locale. Le solite parole "mantra" di oggi intercambiabili come ci mostra il film, da "destra" a "sinistra". Oltretutto adesso è la madre squilibrata e spregiudicata dello sceriffo a guida di tutto e a fare una fortuna milionaria con villa sontuosa incastonata nelle dune rocciose del deserto come quella di "Zabriskie Point".
Ma forse c'è qualcuno che ha osservato e capito tutto, ed è ancora sopravvissuto, a qualunque strumentalizzazione e incriminazione come "capro espiatorio", e si sta armando come è più di tutti, per vendicarsi e distruggere lo stabilimento nel deserto. Molto intelligente il mostrarci al di là delle ragioni, l'opportunismo e la mancanza di ogni scrupolo morale, da parte del solito guru della controinformazione "manipola sempliciotti" -esattamente come fa il sistema dall'altra parte e con lo stesso attacco di comunicazione terroristica e soltanto di certezze assolute- internettiano tipo quelli di Telegram, interpretato da Austin Butler.
La carne al fuoco è tanta ed è come se Aster ad un certo punto non avesse più una chiusa per il suo film, così come è anche difficile riassumerlo.
Colpisce la figura di Emma Stone, moglie pazzoide, rancorosa -e plagiabile dai "guru" cialtroni di internet-, dello sceriffo Joaquin Phoenix, oltre che traditrice, ipocondriaca depressa sempre a letto, accusatrice serale di abusi sessuali giovanili da quello e quell'altro, forse veri forse no, e prima causa per troppo affetto della discesa alla follia e all'inferno del protagonista che gli è troppo attaccato, in un mare di solitudine che affoga tutto. Un tipo esattamente esistente oggi più che mai, e spesso incitato e assolto, invece che criticato.
Splendida la sparatoria notturna con le armi d'assalto e la mitragliatrice da guerra dell'armeria svaligiata, un gran pezzo di cinema e montaggio, quasi tutta in piano sequenza e con pure un utilizzo del sonoro notevole, a calare lo spettatore ancora più nella paura e nell'adrenalina, in una crisi asmatica in atto.
Buona pure l'idea degli "Antifa" con i loro zaini ricoperti di patch e spille da black bloc, che arrivano a portare distruzione e guerra vera in città, apparendo come un miraggio dal disco sole nel cielo, in aereo privato celati sempre nelle loro identità in passamontagna.
E qui il film entra nel campo del cinema cospirativo americano più visionario e apparentemente coerente, che si dipana da modelli lontani e capolavori, ma non così improprio citare perché già su una società americana in cui la guerra è da allora di tutti contro tutti, come "Và e uccidi"(The Manchurian Candidate)(1962)di John Frankenheimer, o "L'Odio esplode a Dallas"(The Intruder), di Roger Corman, dello stesso anno. Aster difatti rimane sul filo dell'ambiguità e del caos assoluto che ci governa, e sono la cifra stilistica e narrativa del film-senza lo stucchevole senso di divertissement cerebrale e "cluedo-chic" alla Fincher però, che leverebbe ogni tensione e interesse drammatico-,e non ci dice se gli "Antifa" sono davvero una così potente e ramificata, organizzata, unione di gruppi terroristici di estrema sinistra da muoversi in aerei privati armati come un'esercito di professionisti, quale dice la destra in molte loro ricostruzioni cospirazionistiche o meno, o se invece sono agenti di qualche servizio segreto del governo, inviati secondo una nuova "strategia della tensione" nei punti caldi di crisi per seminare ancora più confusione e distruzione, quindi paura e rifiuto dalla solita maggioranza silenziosa, e discredito della proteste e organizzazioni di sinistra.
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