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Signs

Regia di M. Night Shyamalan vedi scheda film

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La recensione su Signs

di Rosebud77
6 stelle

Chissà cosa si aspetta lo spettatore che va a vedere questo nuovo film di M. Night Shyamalan. Dopo IL SESTO SENSO e UNBREAKABLE, avrà le armi affilate per difendersi da improvvisi sobbalzi sulla sedia o da una diffusa inquietudine. Ebbene, stavolta il talentoso regista indiano mischia un po’ la carte, e col pretesto di raccontare la “verità” sui crop circles –i misteriosi cerchi sui campi di grano che farebbero pensare ad un’invasione aliena- tradisce le nostre aspettative scegliendo ancora una volta di raccontare la crisi esistenziale di un anti-eroe, un prete –un Mel Gibson un po’ meno funzionale del suo “predecessore” Bruce Willis- che, dopo la morte della moglie dovuta ad un terribile indidente stradale, ripone l’abito talare per isolarsi nella sua fattoria di campagna con fratello minore e figlioletti. L’apparizione dei cerchi in varie parti del mondo, e soprattutto nel suo campo, saranno per lui l’occasione di scontrarsi non solo con alieni in carne e ossa, ma soprattutto con i fantasmi della propria fede. Soggetto curioso, come il modo in cui è sceneggiato: Shyamalan ormai ha abbastanza mestiere per non rischiare troppo la maniera col suo linguaggio stranito e insidioso, e difatti l’invasione domestica –come già ne GLI UCCELLI di Hitchcock- è più suggerita o parlata che fatta vedere, trasmettendo un più incisivo senso di minaccia e con sicure invenzioni visive efficaci anche sul piano degli effetti (sarebbe facile, dopo Spielberg, LA GUERRA DEI MONDI o INDEPENDENCE DAY, ridere di fronte ad un alieno “classicamente” verdognolo, filiforme e cattivo ma assolutamente vulnerabile –una sorpresa che non riveliamo!); no, quello che più colpisce in questo film è la scelta di elaborare l’immaginario collettivo sugli alieni come sfondo realistico di una provincia silenziosa, che solo di fronte ad inspiegabili eventi mette a nudo le proprie colpe o le proprie insicurezze (emblematica, in tal senso, l’apparizione del regista nel ruolo dell’uomo artefice dell’incidente stradale). Ancora una volta, quindi, il paranormale, o se si vuole il fanta-thriller, serve al regista come rebus di circostanze del caso per arrivare ad una verità, che solo di profilo coincide con la verità che si è convinti di conoscere. Questo è il colpo di scena in questo film, che farà forse un po’ storcere il naso a chi ha osannato lo “sconcerto” finale dei suoi precedenti lavori -soprattutto de IL SESTO SENSO- ma che piacerà a chi riesce a intravedere in questa chiave di lettura una nuovo registro di cinema che prende le distanze dagli X-FILES per approdare fiero ad uno stile personale. E con praticamente zero effetti speciali. Duole ammettere che il piccolo Rory Culkin, fratello minore del più odioso Maculay, è incredibilmente bravo nell’intrepretare il figlioletto assennato e probabilista. Musica tonitruante e vagamente Herrmanniana di James Newton Howard, ma in fin dei conti adeguata.
(Francesco de Belvis, Roma)

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