Regia di Anthony Russo, Joe Russo vedi scheda film
“The Electric State”: in pratica la “Fiera della Carne” di “A.I.” in versione l’Albero Azzurro & MeleVisione (con tutto il rispetto per Dodò, Orso Balosso, Tonio Cartonio, Milo Cotogno e soci) con l’appeal che può generare l’horror vacui/pleni dei Me Contro Te.
È molto facile parlar male di “the Electric State”, ed è pure giusto: da un verso è un accrocchio di parti al contempo superflue, mancanti o imbarazzanti e dall’altro è un film sbagliato da qualunque angolazione si decida di prenderlo: paradossalmente tanto escrementizio quanto sterile, è il primo a disattendere e tradire il proprio messaggio morale veicolato così malamente.
Il quartetto in sodalizio ultradecennale (Captain America: The Winter Soldier & Civil War, Avengers: Infinity War & Endgame , the Gray Man) composto dai registi Anthony & Joseph Russo (Welcome to Collinwood, “You, Me and Dupree”, Community, Cherry, Citadel) e dagli sceneggiatori Christopher Markus & Stephen McFeely (the Life and Death of Peter Sellers, the Chronicles of Narnia Trilogy, You Kill Me, Captain America: the First Avenger, Pain & Gain, Thor: the Dark World, Agent Carter) conferma la propria arte: inesistente.
Millie Bobby Brown, molto brava in “Stranger Things” e in “Enola Holmes” (speriamo che Jack Thorne con l'aggiunta di Phiilip Barantini riescano a costruirle attorno un terzo capitolo migliore degli altri 2) e col pilota automatico inserito e il freno a mano tirato in “Damsel”, qui invece potrebbe prendere lezioni a pagamento da Corinna Negri. Dal canto loro Chris Pratt, Giancarlo Esposito e Stanley Tucci (e Woody Harrelson, Hank Azaria & C. alle voci) ci provano e si sacrificano e no, questo di certo non basta. [Fotografia di Stephen N. Windon ("the Postman"), montaggio di Jeffrey Ford ("the Yards") e musiche di Alan Silvestri ("Here").]
A parte quello sceneggiativo, quello recitativo e quello registico, il primo errore è estetico: il retrofuturo di “the Electric State” è troppo condizionato dal target bambinesco (e non fanciullesco) cui si rivolge, e di conseguenza il grande assente dal film (i tratti estetici - frammisti ad esempio con quelli di “Fallout” - e la storia sono quelli, ma è il perturbante ad essere evaporato), al contrario di quel ch’è stato fatto con la serie “Tales from the Loop”, è ovviamente proprio Simon Stålenhag e il suo “Passagen” (2018): un peccato veramente molto poco originale.
Invece i soldi spesi, al di là dei reshoot, si notano tutti, e questo fa solo più “incazzare” per l’occasione sprecata (bene che vada, l’esperienza che i tecnici-artisti degli effetti speciali si son fatti al lavoro su “the Electric State” potrà essere riversata su future produzioni migliori).
Nota editoriale: "Nessuna immagine creata da Simon Stålenhag è stata maltrattata per illustrare questa pagina."
“The Electric State”: in pratica la “Fiera della Carne” di “A.I.” in versione l’Albero Azzurro & MeleVisione (con tutto il rispetto per Dodò, Orso Balosso, Tonio Cartonio, Milo Cotogno e soci) con l’appeal che può generare l’horror vacui/pleni dei Me Contro Te.
* * ¼/½ - 4.75
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