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Grand Tour

Regia di Miguel Gomes vedi scheda film

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La recensione su Grand Tour

di Peppe Comune
8 stelle

Edward (Goncalo Weddingtonè un funzionario che lavora in Birmania per conto del governo coloniale britannico. È da sette anni che non vede Molly (Crista Alfaiate), la sua fidanzata che è in viaggio dall'Inghilterra per raggiungerlo. Si sono promessi eterno amore ed è arrivato il momento di organizzare le nozze. Ma qualcosa di non comprensibile accade ad Edward, che nel mentre sta aspettando l'arrivo di Molly a Rangoon, si imbarca per il primo scalo disponibile diretto a Singapore. Inizia così un lungo viaggio che attraversa tutto l'estremo oriente. Molly, convinta dell’amore dell’uomo e decisa a non rimandare oltre il matrimoniosmette al suo inseguimento. Ma ogni volta che la donna sta per arrivare nella città in cui si trova l’uomo, sempre preceduta da un telegramma spedito dalla città di partenzaEdward parte per un’altra meta. Edward fugge e Molly lo rincorre quindi. In un grand tour lungo ed affascinante.

 

scena

Grand Tour (2024): scena

 

Il cinema di Miguel Gomes è sempre uno stare in viaggio, e non solo perché ci porta sempre in luoghi lontani ed esotica è sempre l’atmosfera che vi si respirama anche per come la sua poetica, speculando con le corde dell'inconscio, sa stimolare a dovere l'insorgere di un carattere tipico del cinema : la messinscena di mondi immaginari a cui si è disposti a dare credito con naturale disinvoltura. Partendo da queste considerazioni, se da un lato si può certamente dire che Miguel Gomes è un autore dotato di una cifra stilistica ormai riconoscibile, uno sperimentatore assolutamente originaledall’altro lato non si possono disconoscere le influenze con alcuni tratti tipici del miglior cinema portoghese nel suo complesso. Penso ad esempio all’ irriverenza iconoclasta di João sar Monteiroalla sua venatura anarchica derivante da una critica implicita contro l'impresa coloniale. Mpenssoprattutto alla centralità della parola di Manuel de Oliveira, all’impianto letterario che permea la struttura narrativa del film che fa sì che lo spettatore, così come quando legge un libropuò immaginarsi altri sviluppi narrativi. Tutti questi aspetti sono presenti nel cinema di Miguel Gomes, declinati secondo un linguaggio assolutamente suo, derivativo fintanto che si tratta di guardare con rispetto a ciò che è già stato grande. Aspetti che a mio avviso sono tutti presenti in Grand Tourun film che osa sperimentare alla maniera di chi intende innovare senza rinnegare. Strasgrediscono le regole di linguaggio pur ammiccando ad una caratterizzazione d’ambiente per larghi tratti “classicheggiante. 

inizio film una voice over ci introduce dentro la storia. Intanto scorrono le immaginialternando scene a colori con altrin bianco e nero, da un Luna Park dotato di ruota panoramica si passa a un teatro di burattini che sta inscenando una lotta contro un drago, da un treno che sta arrivando a Rangoon si arriva a scene che mostrano lo scorrere della vita urbana. Prima di conoscere Edward ed entrare nel vivo della storia, la voce narrante ci informa che i due fidanzati non di vedono da sette anni, che la nave proveniente da Londra con a bordo Molly comincia a vedersi in lontananza e che l’uomo cerca di ricordare il volto della donna, ma non ci riesce. Tutto è avvolto in un'atmosfera lenta e suadente, carica di pioggia e di senso dell'attesa

Ma la cosa più importante da mettere in evidenza è il fatto che si notano chiari i segni della nostra contemporanei : auto, abitiarredi urbani e quant'altro. Nulla di strano, se non fosse che alla fine di questa sorta di introduzione, sempre la voice over ci avverte che stiamo nel quattro di gennaio del 1917. Oppure, non c’è effettivamente nulla di strano se partiamo dal dire che Grand Tour” è un film di Miguel Gomes, un autore che ama giocare con il cinema con fare da sperimentatore gioioso. Perché ci vuole della gioia che sappia essere contagiosa per saper fare una rappresentazione credibile dell’incredibile.  

A titolo di esempio, si prenda la scena di un treno che deraglia mentre sta attraversando la giungla poco lontano dalla stazione d’arrivò di BangkokEdward esce dal vagone e si mette a disegnare la fauna circostante, così come altri passeggeri escono dal treno che si è adagiato al suolo e come se nulla fosse successo si mettono semplicemente in attesa di un altro mezzo di trasporto che li venga a prendere. E noi siamo disposti ad accettare tutto questo perché, in fondoquel modo così gioioso di maneggiare il linguaggio cinematografico ci fa entrare istintivamente in connessione con quella parte sognante presente in ogni essere umano, disposta ad ospitare il piacere di viaggiare in groppa all'immaginazione sapendo che il cinema, quando è fatto benerende bella anche l'idea di lasciarsi ingannare dall’aperta ostentazione di trucchi esibiti.  

Miguel Gomez chiede al suo pubblico una complicità consapevole, fatta di quella particolare predisposizione dello spirito pronta ad accogliere la meraviglia come un fatto che non si dà a chiunque. Al cinema si può sognare ad occhi aperti e l'autore portoghese conferisce al film di una veste onirica che sembra permeare ogni aspetto della storia per il solo fatto che il “grand tour di Edward e Molly, in definitiva, è un viaggio che si svolge dentro e fuori le ordinarie dimensioni spazio-temporali. 

Se ne ricava un caleidoscopio multiforme e multicolore fatto di cose che entrano ed escono senza preavviso dallo sviluppo lineare della storia : voci narranti (perché sono due, una maschile e una femminile) che accompagnano le immagini e fuori sincrono che ne deragliano la forma, dissolvenze a Iris e Jump cut ragionati, valzer che arriva da fuori e suoni diegetici che stanno dentro, voice over che offrono delle coordinate sentimentali al viaggio di entrambi e le loro parole che sembrano arrancare alla ricerca di risposte, luoghi esotici e isolati e citta brulicanti di persone, burattini danzanti e esseri umani in attesa.  

In questo universo mutevole la storia d’amore tra Edward e Molly diventa solo un pretesto per fare della fuga dell’uomo e l’inseguimento della donna uno stesso viaggio dentro il cuore pulsante del mondo.  

Come già successo in “Tabù, la venatura esotica che permea la narrazione filmica e la forma racconto che ne indirizza lo svilupponel costruire ponti ideali tra Oriente e Occidente, diventano un modo convincente per gettare uno sguardo acuto sulla condizione umana nel suo complesso.  

In tal senso, credo sia emblematico il dialogo in cui Molly, durante una cena, spiega ai suoi commensali con fare divertito i motivi del suo “grand tour”. Uno di loro, ascoltata la storia, le dice senza mezzi termini mia cara signorina, non c'è possibilità che ciò che ci state descrivendo in un modo così leggero possa essere una tragedia umana ? Non credete che il vostro fidanzato stia cercando di dirvi che non ha alcun desiderio di sposarsi con voi ? La donna si dice sicura dell’amore del fidanzato perché conosco Edward e ho fiducia in luiHa ragione il signore che con i soli elementi a disposizione, identicamente a noi che guardiamo il film, pone dei dubbi sui sentimenti dell'uomo o Molly che può avvalersi di un'esperienza vissuta con Edward molto più ampia per dar corpo alla sua convinzione ?  

In ogni caso, i dubbi sono fatti per solleticare la bontà delle proprie convinzioni. Riguardo i nostri amanti, dubbi riguardo la solidità del loro rapporto amoroso emergono dallo sviluppo narrativo del film in ragione del modo in cui vi contribuiscono, tanto i fatti che vediamo quando le sensazioni emotive che possiamo solo percepire. Ma non si possono e non si devono risolvere nel solo fatto pruriginoso della vicenda, tutt'altro, perché è probabile che questi dubbi intorno alle vicende dedue “promessi sposi” nascono da questioni esistenziali che esigono percorsi di ricerca più approfonditi. E quindi investire : l'idea del viaggio come momento di ricerca del sé, la prospettiva diversa che si  alle cose del mondo donata ad un occidentale dallo stretto contatto con l'oriente, la differenza tra un approccio alla vita più spirituale e meno frenetico, la paura di affrontare responsabilmente i propri reali sentimenti, la fuga verso l’altro e l’oltre percepita come tentativo di salvezza, la bellezza ideale che si coltiva nell'amante di una vita come modo per coltivare almeno un motivo per cui valga la pena di vivere. Tutti aspetti “speculativi” implicitamente ricavabili dal film, trattati in un modo che oscilla tra il sognante e l’ironico. 

Si viaggia molto quindi, partendo dalla capitale birmana Rangoon e passando per Singapore, Bangkok, Saigon, Manila, Osaka, Shanghai. Edward parte da una di queste città e ogni volta è raggiunto da un telegramma di Molly spedito dalla città precedente che recita sempre così : Sono in arrivo-stop-M.”. Edward riparte ogni volta e Molly lo rincorre seguendone certosinamente le tracce. Il film è suddiviso in due parti proprio seguendo questo sorta di fantomatico iter formativo, per un “grand tour affascinante vissuto sconvolgendo le ordinarie coordinate spazio-temporali. Un viaggio la cui bellezza sta nel fatto che, piuttosto di dare l’idea di avere una rotta già stabilita, sembra offrire la sensazione di una ricerca istintiva del senso della storia del mondo. Cinema maturo.

 

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