Regia di Ross McCall vedi scheda film
Un'altra delle migliori e recenti interpretazioni di Craig Fairbrass, in un film carcerario tutto girato interamente in una cella, giocato sulle interpretazioni e sui dialoghi, che delle limitazioni imposte dalla lavorazione durante la prima fase di covid 1984(anche se è stato distribuito molto dopo), si può ben dire abbia fatto di necessità virtù. La trama è senza speranza di possibile redenzione come invece molto spesso si vede al cinema, per un detenuto condannato a più di 20 anni dovo avere ucciso la moglie con un altro uomo, e adesso la figlia che non ha più visto da allora, la quale adesso vuole avere con lui un colloquio in carcere, al quale dovrebbe essere preparato tramite dei soliti colloqui con una psicologa dell'istituzione, unico altro ruolo femminile del film. Anch'esso prodotto e co-scritto da Philip Barantini come il precedente "Villain", che si ritaglia un piccolo ruolo come lo stesso Ross McCall, da sempre attore e praticamente all'esordio nel lungometraggio. Apprezzabile è la limacciosa fotografia, e spesso nei toni dei verdastri più scuri e opachi, come parte delle pareti del carcere, che giostra con buona tecnica un film lungo(107')per il suo essere ambientato in un unico ambiente, e senza esterni. Duro e parecchio violento ma senza non necessarie esibizioni sanguinarie, vive di situazioni e comportamenti plasmati nella sopraffazione tra detenuti dell'istituzione carceraria, e in pene di lunga detenzione. Il finale potrà fare storcere il naso, ma non a chi non è in cerca sempre di una qualche forma di ricompensa consolatoria o positiva, al cinema. Parte di supporto come altro detenuto di Jason Flemyng.
John_Nada1975
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