Regia di Paola Cortellesi vedi scheda film
Roma, 1946. In un popolare quartiere della Capitale appena uscita dalla guerra, Delia si alza ogni giorno all’alba per mandare avanti la casa, accudire i tre figli, il suocero ottuso e dispotico e subire in silenzio le umiliazioni e le percosse del marito Ivano: un classico patriarca maschilista che considera la moglie poco più di una serva. Delia sopporta tutto per amore dei figli, soprattutto della maggiore, Marcella, adolescente sveglia e ribelle di cui va fiera. Quando la ragazza chiede di fidanzarsi ufficialmente con un ragazzo di famiglia benestante, il padre approva subito: l’importante è “sistemarla” con chi ha soldi. Ma Delia, con grande perspicacia, riconosce nel futuro genero gli stessi tratti di gelosia e possesso che vive ogni giorno in casa. Prova ad avvertire la figlia, che però è troppo presa e non vuole ascoltarla. A quel punto Delia comincia ad agire di nascosto: da una parte cerca di ostacolare quel fidanzamento, dall’altra fa strani preparativi che fanno pensare a una fuga imminente.
Paola Cortellesi, alla sua prima regia, racconta senza filtri la violenza domestica e la condizione femminile del dopoguerra, mescolando il tono cupo del neorealismo a momenti di comicità fisica esagerata e grottesca (la morte e la veglia del suocero sono quasi una farsa). Il risultato è un film che divide: c’è chi lo trova potente e necessario, c’è chi (come me) lo reputa emotivamente poco coinvolgente nonostante l’indubbia forza del tema. I dialoghi sono spesso didascalici, la recitazione non sempre uniforme (qualche attore di contorno è un po’ legnoso) e certe soluzioni narrative appaiono forzate (l’intervento dei soldati americani che aiutano Delia a sabotare il fidanzamento della figlia è davvero poco credibile). Resta però un’opera coraggiosa e meritevole, che riporta l’attenzione su una conquista civile spesso dimenticata: il 2 giugno 1946, il giorno in cui le donne italiane votarono per la prima volta e contribuirono a far nascere la Repubblica. Il gesto semplice e silenzioso di una donna “una come tante” che, insieme a milioni di altre, cambiò per sempre il destino suo e quello del Paese. Un film imperfetto ma necessario, che lascia il segno soprattutto per ciò che dice, un po’ meno per come lo dice.
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