Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
La morte improvvisa del figlio adolescente (Sanfelice) di  un'affiatatissima famiglia di Ancona lacera i legami tra madre  (Morante), padre (Moretti) e figlia (Trinca). Lui tenta di  razionalizzare il dolore, va alla ricerca di un capro espiatorio (il  paziente che, il giorno dell'incidente del figlio, lo ha chiamato per  un'urgenza), si sfinisce nella corsa e nelle emozioni surrogate da  lunapark, fa congetture su quello che avrebbe potuto essere, decide di  abbandonare - almeno momentaneamente - la professione di psicoterapeuta,  sentendosi incapace di aiutare il prossimo. Sua moglie Paola scatena il  suo dstrazioolore in pianti dirompenti e acuti. La loro figlia  quindicenne soffoca il dolore nello spazio chiuso di una camerino. Un  viaggio catartico, fatto per accompagnare una fidanzata del figlio  conosciuta dopo la morte di quest'ultimo, darà forse nuova serenità alla  famiglia. Con La stanza del figlio, Moretti cambia pagina: lo stile  grottesco e marcatamente autobiografico dei suoi film precedenti lascia  spazio ad una fiction che affronta di petto il dolore, senza sbiadirsi  in un corrivo piagnisteo da prefiche. Eppure, la cattiveria con cui  tratta i suoi personaggi, a cominciare a quello di Giovanni che  interpreta lui stesso, è la medesima dei suoi film precedenti: il dolore  - è questa la tesi del film - divide, contrariamente a quanto non  suggerisca il luogo comune. La famiglia-modello va in pezzi, il marito  non divide nemmeno più lo stesso letto della moglie. Atteso ad una prova  di autentica maturità espressiva, Moretti va ben oltre i migliori  auspici: regia calibratissima, eccellente direzione degli attori,  sceneggiatura (scritta con Linda Ferri e Heidrun Schleef, la  sceneggiatrice "preferita" di Calopresti) di rigore euclideo, le perle di  qualche citazione sonora (su tutte, By this river, di Brian Eno). Una  prova che - se ce ne fosse bisogno - collauda definitivamente le  capacità di Moretti, portandolo definitivamente nell'empireo dei  maggiori registi italiani di tutti i tempi. Premio David di Donatello  quale miglior film e Palma d'oro al Festival di Cannes, 23 anni dopo  L'albero degli zoccoli di Olmi.    
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