Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
Gran bella fiction con la collaborazione Rai. Ritengo che sia l'opera definitiva sull'omicidio di Aldo Moro. Ho apprezzato che ognuna delle sei puntate sia stata raccontata la storia con gli occhi e dal punto di vista di un personaggio diverso: Moro, Cossiga, il Papa, una brigadista, la moglie di Moro, sino al tragico epilogo. Storia d'Italia.
Voto: 8/10
Con Esterno Notte, Marco Bellocchio torna a interrogare uno degli snodi più tragici e irrisolti della storia repubblicana italiana: il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro. Lo fa con l’ambizione stilistica di chi non intende né ricostruire né giudicare, ma piuttosto restare immerso nell’ambiguità di un trauma collettivo, restituendone tensioni, corridoi oscuri, lacerazioni morali.
La serie cattura fin dai primi minuti, entrando subito nella tensione interna di un potere che scricchiola, di un uomo – Moro – che si muove tra strategia e destino, e di un contesto storico che diventa teatro esistenziale. La struttura frammentata in capitoli (dedicati di volta in volta a Moro, Cossiga, ai brigatisti, alla famiglia, alla Chiesa…) evita la linearità, ma trova una coerenza profonda nella regia rigorosa di Bellocchio, che orchestra una coralità intensa ma mai dispersiva.
Tra i numerosi elementi riusciti spiccano:
una regia controllata e potente, capace di creare atmosfera senza enfasi;
l’interpretazione di Fabrizio Gifuni, che non imita Moro ma ne incarna lo spirito con sobrietà straziante;
la cura maniacale nella ricostruzione ambientale e storica, sempre al servizio del dramma e non della filologia;
una sceneggiatura che alterna densità politica e scavo psicologico, soprattutto nelle dinamiche familiari e nell’umanizzazione della figura di Moro;
un montaggio efficace nella gestione dei punti di vista, che dà voce a molteplici verità senza mai rinunciare alla coerenza;
e soprattutto, la forza di affrontare tematiche profonde: lo scontro tra ideologia e pietà, tra Stato e individuo, tra giustizia e vendetta.
Le emozioni che restano sono forti e complesse: non tanto la commozione, quanto lo sgomento e la disillusione morale, che accompagnano lo spettatore ben oltre l’ultima scena. Non si esce da Esterno Notte con certezze, ma con domande più urgenti. È un’opera che non educa ma interroga, e che evita la trappola dell’agiografia.
A frenare l’opera dal raggiungere l’eccellenza assoluta non è un difetto formale, quanto piuttosto una parziale reticenza nel trattare i retroscena internazionali. Il coinvolgimento (diretto o indiretto) degli apparati americani, ad esempio, resta sullo sfondo, evocato ma mai affrontato frontalmente. Ne risulta una narrazione per certi versi incompleta, che riflette forse una scelta autoriale di focalizzarsi sull’umano più che sul geopolitico, ma che lascia scoperta una delle chiavi di lettura più inquietanti del caso Moro.
Tra i momenti più incisivi, emerge la figura ambigua e tormentata di Francesco Cossiga, ritratta con coraggio e intelligenza: è lì che la serie riesce a incarnare il corto circuito tra Stato e coscienza individuale. Altrettanto potente la sequenza delle lettere dalla prigione, che restituiscono tutta la lucidità e disperazione morale di Moro.
Esterno Notte è un’opera intensa, dolorosa, necessaria. Bellocchio riesce in un'impresa rara: rendere giustizia alla complessità senza cedere né alla freddezza del documento né alla commozione del melodramma. È un’opera da consigliare a chi conosce, o vuole conoscere, l’Italia ferita degli anni ’70, ma non adatta a chi cerca narrazioni rassicuranti o ritmi da thriller.
È, in definitiva, un film politico che si fa anche opera spirituale. E viceversa.
Esterno notte (2022): locandina
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