Regia di Lucio Fulci vedi scheda film
Difficile scrivere qualcosa ancora di soltanto minimamente "nuovo" su uno dei capo d'opera di Fulci, e uno dei migliori film di morti viventi mai realizzati fuori dal perimetro della filmografia romeriana. O almeno qualcosa che non siano le solite trite e tronfie banalità magari intrise di interessi personali, ed iperboli da Fandom nato troppo dopo rispetto a chi come il sottoscritto questi film li ha vissuti al tempo, e anche se adesso può sembrare incredibile, non uscivano almeno in Italia, neppure nei cinema proprio definibili migliori. E' anche qui che Fulci trova la perfetta protagonista femminile del suo cinema, la vera e propria musa nel periodo peraltro di entrambi migliore, una vera bionda anglosassone come per Hitchcock, solo fra maggiori dosi di frattaglie, e sanguinosissime splatterate a secchiate. Ovviamente la divina Catriona Mccall, ma anche Christopher George poco tempo prima della sua morte improvvisa, è un ottimo protagonista, da vero americano.
Il lavoro di Geleng(al suo primo film con Fulci e inizialmente "imposto" ddalla produzione Medusa anche per i costumi, dopo i circa venti film fatti con Massimo Lentini) e Salvati alla fotografia, per rendere così unica l'atmosfera -per una volta non abusivamente da definitire veramente e con certo trasporto "lovecraftiana"-, è superbo, sia per luci naturali che filtri di obiettivo e tagli illuminotecnici, oltretutto in una città come Savannah in Georgia, antica ma piuttosto solare e "calda" per sensazioni e architetture coloniali del sud, niente affatto così lugubre e sinistra, minacciosa quale è resa con superlativo mestiere e registro professionale in ogni comparto, dai validissimi realizzatori tutti, del film. Basti citare una delle sequenze iniziali per esempio di tutto questa costruzione quasi perfettq, la famosa scena della MacColl creduta morta nella bara al cimitero, e pronta ad essere seppellita. Non fosse soltanto per gli orari sindacali americani e strettamente rispettati, dai becchini. Lo squarcio che fa a picconate sul coperchio per salvarla dopo gli urli di lei risvegliatasi nel più lugubre dei catafalchi, quasi uccidendola con la punta del piccone in pd laterali perfetti, e infine il suo volto bianco cadaverico nel coperchio spaccato della cassa, illuminato da un raggio di sole al tramonto, lo stacco indimenticabile con il rosso vivo della sua gola e il volto bianchissimo di nitore,contorto in grida di terrore. Un compendio perfetto di ciò che vuol dire una sinergia, una sintesi perfetta tra lenti, fotografia, trucco(Rosario Prestopino fra gli altri), e posizione delle luci, non ultimo, certo il montaggio.
Pure le sequenze più esagerate ed estreme, portate oltre ogni aspettativa di durata e tenitura, da vero gore di buona annata-che sembrerebbero cosi autocompiaciute ma soltanto a una prima vista superficiale-, come naturalmente quella di Daniela Doria dagli occhi lacrimanti sangue, che vomita tutti i propri intestini e poi tutti gli organi interni, sono alla fine di un risultato dal cattivo gusto talmente geniale; perfettamente in linea con i racconti di Lovecraft che Fulci con certo entusiasmo aveva scoperto da poco e proprio in quel periodo. Ottenendo uno stile e un'atmosfera unici, l'utilizzo dei fumi per le nebbie, la predominanza di blu e verdi, probabilmente uno dei più spaventosi se non il più spaventoso, concetto di trucco per i morti viventi mai realizzato. Essi non sono più soltanto dei corpi ormai flosci sostenuti unicamente dalla ritrovata attività chemioelettrica del cervello, ma dei mostri antropofagi che mantengono ancora seppure sfigurata, la loro forza che da vivi. Anzi, una forza dettata da superpoteri, visto che possono spappolare le calotte craniche come fosse appalottolare un fazzoletto di carta, ed estrapolarne il cervello con la sola forza delle mani. Oltre a poter volare, compiere salti da posseduti telecinetici per viadotti e ponti, utilizzare il teletrasporto e la telepatia, l'ipnosi per forzare le loro vittime a fare tutto ciò che loro ordinano fino a immolarsi, ecc., Tutto contribuisce ad un senso di assedio e inutilità di ogni forma di barricata, protezione sicura in qualche luogo chiuso e circoscritto, tipica, ossessiva, angosciosa costante del cinema di zombi fulciano come tutta la seconda parte già di "Zombi 2", del quale proprio questo in origine era il seguito per avvenuto successo enorme commerciale del citato, poi divenuto più apocrifo. Come costante è l'atmosfera da sogno in cui è calato tutto il film, lo splendido ed elegante prologo a New York, l'immancabile Manhattan di quel ciclo di film orrorifici fulciani al loro zenith, e certo non ultimo, l'apporto della colonna sonora ri-arrangiamento di "Zombi 2" e capolavoro, di Fabio Frizzi e dello ormai spesso citato e campionato tema "apoteosi", appunto "Mystery's Apotheosis".
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