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Complesso di colpa

Regia di Brian De Palma vedi scheda film

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La recensione su Complesso di colpa

di Baliverna
8 stelle

Ella è morta in un incidente stradale, eppure quella donna sembra proprio lei, una ventina di anni dopo.

Di de Palma ho visto diversi film, ma solo pochi mi sono piaciuti, come “Scarface” o “Carrie”. Spesso mi e sembrato un regista che usa la tecnica cinematografica in modo ostentato e compiaciuto, e crede in modo granitico in certe teorie psicologiche e dell'inconscio, che vuole poi dimostrare allo spettatore.

Qui, però, il regista mi ha convinto, perché trova un felice equilibrio e un'opportuna misura in quanto sopra elencato; esso non è negativo di per sé, ma lo è solo se in eccesso.

La pellicola è una specie di rielaborazione creativa e non scopiazzata di “La donna che visse due volte” e “Rebecca” del suo maestro dichiarato Hitchcock. All'inizio si ha l'impressione di uno sviluppo troppo frettoloso; se de Palma non va per le lunghe, tuttavia, è solo perché quella è una premessa per la vicenda vera e propria.

Poi, infatti, si entra in un'avvolgente atmosfera soffusa e confusa, dove si respira un'aria di mistero e indeterminatezza. L'ambientazione a Firenze è impostata in modo da creare questa atmosfera, sicché la città è fotografata in modo tutt'altro che turistico: piovosa e invernale, con viuzze poco illuminate e deserte, e pochi suoni attutiti. Comunque, consiglio questo film ai fiorentini, per l'immagine originale della propria città, e per il ruolo centrale che gioca, ad esempio, la chiesa di Santa Maria Novella, opera dell'architetto Leon Battista Alberti.

Lo sviluppo della vicenda nella parte centrale del film è affascinante, giocato sull'ambiguità e forse sull'impossibilità di quello che sta succedendo. Verso la fine, vi è una certa accelerazione degli eventi, che non fa scappare fuori la marcia, però. Solo il finale, secondo me, è un po' sovraccarico di significati, sorprese, e implicazioni.

Ciò non toglie che questo sia un film riuscito, di un regista talentuoso, che in futuro si sarebbe lasciato spesso prendere la mano.

Il titolo italiano è abbastanza indovinato, perché il presupposto per gli eventi è proprio un complesso di colpa, nel senso che essa non è una vera colpa, ma solo una serie di errori commessi per errata valutazione e consigli sbagliati.

Ho trovato buona l'interpretazione dei due protagonisti, Cliff Robertson e Genevieve Bujold, tra cui soprattutto il primo esprime molte sfumature con il suo volto.

PS. L'ambientazione italiana ricorda quella del coevo “Il presagio” di Richard Donner.

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