Regia di Alberto Fasulo vedi scheda film
EPOCHE IN PENOMBRA
Il cinema legge la Storia a modo suo, o attraverso il fumettone epico ipercolorato o con un’ apparentemente algida drammatizzazione di documenti e fonti varie. E’ quest’ultima, meno spettacolare, l’opzione scelta dal documentarista Fasoli per riportare in vita una delle tante figure cristologiche, in buona o mala fede, ricorrenti nella cronache dI tutti i tempi: siamo in un paesino del Friuli, alla fine del XVI secolo, Domenico Scandola, un mugnaio filosofo, detto Menocchio, viene accusato e dopo varie vicende messo al rogo dall’inquisizione ( lo storico Carlo Ginzburg nel 1976 aveva già dedicato un saggio al caso). A condannarlo è il coraggio di predicare una visione di Dio a misura di umili, quali sono coloro che frequentano il suo mulino. L’inferno è in terra, e l’hanno inventati i preti come il paradiso di cui circondano i loro templi dorati. Il rifiuto delle scene madri e degli scontri epici dei polpettoni in costume non significa la rinuncia ai filtri dell’estetica: basti osservare i volti, quasi sempre in primo piano, scolpiti sulla pietra, quasi costretti a una ieratica rigidità dalla macchina da presa. Riferimenti pittorici e iconografici aspirano di fatto, riuscendoci, a restituirci lo spirito di un’epoca dominata da oscurantismi, dove le parole del nuovo Cristo in croce riecheggiano scandite nella penombra delle chiese tribunale.
Menocchio (2018): scena
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