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Il sospetto

Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film

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La recensione su Il sospetto

di Letiv88
7 stelle

Un Hitchcock psicologicamente astuto, dove il vero brivido è mentale

Il sospetto (1941) di Alfred Hitchcock è un thriller psicologico che esplora la tensione quotidiana tra amore e dubbi. Con uno stile tipico del maestro del brivido, il film mescola romanticismo e inquietudine, costruendo un’atmosfera in cui la paranoia diventa protagonista. Non c’è sangue né violenza esplicita, ma la suspense è palpabile in ogni scena, in quella forma sottile e insinuante che Hitchcock maneggia con maestria.

Lina McLaidlaw (Joan Fontaine), giovane donna timida e riservata, si innamora di Johnnie Aysgarth (Cary Grant), un uomo affascinante e disinvolto, ma anche inaffidabile e incline al gioco d’azzardo. Dopo un matrimonio affrettato, Lina inizia a dubitare che Johnnie non sia soltanto irresponsabile, ma potenzialmente pericoloso. Ogni gesto, ogni parola, ogni silenzio sembra nascondere qualcosa, e la paura di essere accanto a un assassino cresce fino a trasformarsi in ossessione.

Hitchcock costruisce la suspense giocando sulle ambiguità dei personaggi e su dettagli ordinari che diventano improvvisamente inquietanti. Lo sguardo di Lina, la luce che attraversa un bicchiere di latte mentre Johnnie sale le scale, i silenzi che si dilatano: ogni elemento serve a insinuare il dubbio. La sua regia è ingegnosa e calibrata, più psicologica che spettacolare, capace di trasformare un gesto o uno sguardo in una minaccia. Hitchcock accompagna lo spettatore dentro la mente della protagonista, facendogli condividere la sua ossessione e la sua paura di scoprire la verità.

Tratta dal romanzo Il sospetto (Before the Fact, 1932) di Francis Iles, la sceneggiatura porta la firma di Samson RaphaelsonJoan Harrison e Alma Reville. La storia mantiene un equilibrio tra dramma sentimentale e tensione thriller, affidando il peso della suspense alla soggettività di Lina. I dialoghi sono misurati, mai espliciti, e lasciano spazio all’ambiguità. Ogni scena alimenta i dubbi e la possibilità del fraintendimento, fino a un finale più conciliante rispetto al romanzo originale, che si chiudeva con una conclusione tragica.

Joan Fontaine, al suo secondo film con Hitchcock dopo Rebecca, la prima moglie (1940), dimostra la sua capacità di trasmettere vulnerabilità e tensione con uno sguardo o un piccolo gesto, ottenendo per questo ruolo l’Oscar come miglior attrice protagonista. Nei film di Hitchcock i ruoli maschili tendono spesso a incarnare un fascino ambiguo: Cary Grant interpreta Johnnie come un uomo seducente ma inaffidabile, e il regista gioca su questa dualità per tenere lo spettatore sospeso tra fiducia e incertezza.

Dietro questa dinamica, Hitchcock costruisce una suspense calibrata: il pubblico non sa mai con certezza se Johnnie sia davvero un assassino. La tensione nasce dai dubbi di Lina e dai piccoli indizi ambigui disseminati lungo la storia, lasciando lo spettatore in bilico tra fiducia e paura fino all’ultimo fotogramma. Il regista definì il film “una storia d’amore con un sottofondo di suspense” e, come in molti altri suoi lavori, appare in un breve cameo imbucando una lettera mentre Lina esce dalla libreria con alcuni libri gialli. Il film ricevette anche candidature agli Oscar come miglior film e miglior colonna sonora (Franz Waxman).

Il sospetto resta un thriller raffinato e misurato, in cui la paura nasce dal dubbio e dalle ambiguità della mente umana più che da azione o colpi di scena. Hitchcock dimostra ancora una volta come costruire suspense con precisione e profondità psicologica, lasciando lo spettatore in bilico tra fiducia e sospetto fino all’ultimo fotogramma. Pur essendo elegante e calibrato, il film mantiene un ritmo più contenuto rispetto ai thriller hitchcockiani più famosi, e la tensione psicologica può risultare più lenta e misurata per alcuni spettatori.

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