Regia di Marco Ferreri vedi scheda film
Sin dagli esordi Marco Ferreri non si sottrasse alla messinscena di soggetti capaci di sconvolgere i canoni più comuni per garantirsi un certo consenso di critica e pubblico. Al contrario quasi tutti i suoi film sono stati accompagnati da una certa esecrazione della critica e spesso da un’accoglienza tiepida del pubblico. Da La donna scimmia a L’ultima donna, passando per La grande abbuffata e Non toccate la donna bianca Ferreri nonostante uno stile così fuori dagli schemi strinse grandi collaborazioni con più attori che, come Tognazzi arrivarono a reputarlo da i più geniali maestri del cinema; genialità al pari della sua sregolatezza nello sviluppo e nella realizzazione dei soggetti. Diario di un vizio non si scosta da questa sua abilità, che anzi, a inizio anni ’90 con un cinema sempre meno portato alla sperimentazione, ancora oggi stupisce anche maggiormente. Con un protagonista ben lontano dalle corde del personaggio che va ad interpretare e costruendo un individuo disturbato e per nulla empatico con il pubblico, Ferreri non si sottrae a porre in risalto le miserie più squallide di una vita ai margini della società. Non per fare confronti forzati ma alcuni punti del personaggio di Benito Balducci fanno pensare al Travis Bickle di Taxi Driver. Entrambi solitari, isolati in squallide stanze/appartamenti, ferocemente assillati da alcuni argomenti, entrambi maniacalmente attenti al proprio diario in cui si sviluppano pensieri, riflessioni, dettagli su avvenimenti (veri o presunti tali), entrambi sostanzialmente rifiutati dalla società. A differenza di Travis però Benito ha una donna, con la quale il rapporto è contraddittorio, altalentante, fatto di rispettivi tradimenti (soprattutto da parte di Benito che è sempre in cerca di denaro per sopravvivere). Certo Benito non ha l’afflato eroico o antieroico di Travis e soprattutto gli manca un’occasione di riscatto, anche fosse un’occasione autodistruttiva, tant’è che in un finale aperto (Benito si è suicidato? È sparito senza lasciar traccia?) di lui rimane solo il diario con le meticolose annotazioni di infimo livello. A questo vuoto del protagonista Ferreri addiziona la desolazione di una Roma periferica che sembra popolata solo di personaggi cinici e sordidi: prostitute in gravidanza, trafficoni, venditori truffaldini o immigrati disposti a lavorare a basso costo. Jerry Calà non è detto che sia stata la scelta più felice per questo ruolo ma senz’altro rimane la prova d’attore più coraggiosa della sua carriera. Di disarmante bellezza Sabrina Ferilli in un ruolo in cui sfoggia la prorompenza del suo fisico, ma anche una bravura attoriale che le permette di costruire un personaggio articolato.
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