Regia di Martin Ritt vedi scheda film
Se in Germinale Emile Zola rappresentava un contesto sociale di miseria e sopraffazione dei minatori del nord della Francia, i quali però trovano un’unità e soprattutto una guida nel nuovo arrivato Lantier, ne I cospiratori i minatori hanno già trovato dei modi ben precisi di protesta e rivolta nei confronti dei feroci padroni. Sebbene sospettosi, i lavoratori arrivano però a fidarsi dell’intruso, il quale sapientemente conquista la loro fiducia patendo insieme a loro le angherie in miniera, ma rimane fedele al suo compito di detective che porterà a denunciare e condannare i principali capi dei rivoltosi. Ben fotografato ed interpretato, il film ha uno sviluppo drammatico con qualche momento un po’ sonnecchiante (la partita di rugby, certe uscite romantiche tra Richard Harris e l’energica Samantha Eggar) tuttavia l’elemento più interessante della vicenda risiede nella scelta ben definita di non far fare giravolte al personaggio di Harris, dal quale ci si aspetta fino alla fine un rigurgito di coscienza e di solidarietà verso una comunita della quale lui ha potuto toccare con mano le sofferenze e le umiliazioni costanti (agghiacciante la sequenza del pagamento delle spettanze ai minatori, ai quali viene sottratto un importo persino per le attrezzature che utilizzano). Dunque il coraggio di procedere verso un finale così antieroico e per niente consolatorio permette alla pellicola di mantenere un livello drammatico in controtendenza rispetto a certi compromessi hollywoodiani. Ottimi i protagonisti Richard Harris e Sean Connery, quest’ultimo insuperabile in uno sfogo nei confronti della salma di un vecchio minatore che ha vissuto 42 anni di fatiche in silenzio per morire senza nemmeno possedere un abito per il proprio funerale.
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