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Le divan de Staline

Regia di Fanny Ardant vedi scheda film

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La recensione su Le divan de Staline

di alan smithee
2 stelle

locandina

Le divan de Staline (2017): locandina

Una macchina arriva dalla foresta ed un cancello importante semi immerso nella bebbia si apre per lasciare spazio all'autovettura, affinché acceda nel viale: un via vai di servitù in agitazione lascia spazio all'ingresso di un uomo dalla figura imponente: è Stalin, giunto in quel posto magnifico immerso nella natura, dunque nascosto e segreto, per riposarsi e riprendere le forze. Egli raggiunge la sua amante, la quale si è circondata per l'occasione di un giovane aitante pittore, lo stesso scelto dal potente uomo politico affiché questi lo riproduca in una grande statua da erigere al centro di Mosca.

Tra le stanze pesantemente arredate del castello Stalin in particolare si soffermerà su quella il cui divano lo ispira in particolare per un malizioso gioco come da paziente ad analista, gioco entro il quale si introduce pure il seducente giovane artista, complicando la soluzione di un rapporto malizioso di scambio in cui la donna fungerà da fulcro.

Gérard Depardieu

Le divan de Staline (2017): Gérard Depardieu

Emmanuelle Seigner, Paul Hamy

Le divan de Staline (2017): Emmanuelle Seigner, Paul Hamy

Non nuova a misurarsi nella regia (suoi pure i piuttosto recenti cendres et Sang (2009) e Cadences obstinées (2013), la diva transalpina Fanny Ardan torna alla regia in una coproduzione franco-portoghese (come produttore di riferimento figura il lungimirante Paulo Branco), trasposizione dell'omonimo romanzo di Jean-Daniel Baltassat.

Un cinema fatto di accurate ambientazioni chiuse, che si aprono talvolta tra gli spazi di una foresta alberata che non aiuta gran che ad aprire visuali e spazi, ma anzi contribuisce a coltivare l'idea di una sosta relax che si trasforma in una detenzione forzata della mente.

Gerard Depardieu nel ruolo di Stalin è fisicamente perfetto, ma nei dialoghi, nei gesti che la sua parte prevede, appare insicuro, impacciato, forse influenzato da una vera e propria "piéce" a tre che stenta sempre a decollare: il gioco appare farraginoso e bolso, qualunquista, si parla di arte senza nemmeno fingere di rappresentarcene uno stile o un dettaglio; i dialoghi non appaiono mai particolarmente convincenti o in grado di avvincerci.

Gérard Depardieu, Emmanuelle Seigner

Le divan de Staline (2017): Gérard Depardieu, Emmanuelle Seigner

Gérard Depardieu

Le divan de Staline (2017): Gérard Depardieu

E poi soprattutto, a dirla proprio tutta, la Ardan non avrà pensato, o qualcuno non avrebbe potuto avvertirla che una simile vicenda era stata già (mirabilmente) trattata e portata sul grande schermo da un regista ineguagliabile, del rango di Sokurov nella sua perla Moloch? Se si cambia despota (qui era Hitler), molto del resto, l'ambientazione montana, la residenza sui monti, la donna amata dal potente, è una modesta riproposizione di quanto già visto nello splendido visionario lavoro dell'artista russo: molte sono le affinità che rendono impietoso ogni tentativo di confronto trta le due opere, e rendono pericolosamente impari questo bolso gioco di ruolo al confronto col capolavoro del regista russo.

Il terzo incomodo è interpretato da un attore interessante come Paul Hamy (era lui l'ornitologo del film di Joao Pedro Rodrigues), mentre Emmanuelle Seigner, pettinata come una bambola di ceramica, appare un lontano miraggio della bellezza folgorante che ha saputo, anche di recente, quasoi sempre suscitare nelle prove cinematografiche che la hanno vista coinvolta.

 

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