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Il passo del diavolo

Regia di Renny Harlin vedi scheda film

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La recensione su Il passo del diavolo

di alan smithee
6 stelle

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Nel 1959, presso la zona impervia degli Urali conosciuta col nome di Passo di Djatlov, in piena Russia, nove escursionisti persero la vita in circostanze rimaste sconosciute, ma atte ad alimentare le più fantasiose e improbabili teorie fantastico-complottistiche.

Ai nostri giorni una troupe variegata di giovani studenti statunitensi, si accinge a ripercorrere le tappe di quella drammatica spedizione, tentando anche di venire a contatto con l'unico superstite della tragedia originaria, rinchiuso in una clinica per malattie mentali a causa del trauma consumatosi a seguito della accennata tragedia.

Giunti presso il luogo del tragico accadimento, il gruppo scoprirà sulla montagna, l'esistenza di una porta che presenta, non senza una ragione plausibile, solo una serratura esterna, come se fosse stata ideata per rinchiudere qualcuno o qualcosa, senza poterlo lasciar uscire.

Poco per volta il gruppo scopre che le autorità sono al corrente di fatti che non ritengono per alcun motivo possano essere scoperti e rivelati all'esterno. E non a caso, il gruppo verrà decimato poco per volta, a causa di eventi e disgrazie che ritenere fortuite risulta impossibile e sin ingenuo da poter considerare.

Scoprirà solo chi avrà l'accortezza di sopravvivere, cosa conterrà la grotta scavata nella roccia e chiusa ermeticamente e gelosamente dalle autorità russe.

Ma anche per costoro, sarà troppo tardi per garantirsi la salvezza, e la diffusione della sconcertante verità.

Girato come un mockumentary, "Il passo del diavolo" non è affatto esente dalle astuzie anche fastidiose che regolano molto del cinema di genere horror, e consentono spesso a questo tipo di prodotti a largo consumo e veloce fruizione, di aggirare logiche comportamentali intuitive e verosimili, così come azioni istintivamente votate a mettersi in salvo, in ragione di una spettacolarità che possa garantire tensione e gestione del mistero in coerenza con le regole imposte dal genere stesso.

Ciò premesso, bisogna ammettere che il film sostanzialmente funziona ed è in grado di tener salda l'attenzione del suo pubblico, fin verso il suo epilogo che tutto dice, e nulla rivela: merito soprattutto dell'esperienza indiscutibile appannaggio del poderoso, adrenalinico regista finlandese, ma da tempo cittadino del mondo cinematografico che lo ingaggia, Mr. Renny Harlin, padrone dell'azione e dispensatore di una costante tenuta della presa emotiva, anche a costo di girare attorno a verità che in realtà non verranno mai chiarite come il pubblico auspicherebbe.

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